Il vetro dorato, che costituiva il fondo di un recipiente, è composto da due strati – un disco vitreo di base e uno superiore di copertura – realizzati distintamente e poi saldati.
Il vetro di base è incolore, con piede ad anello. Al centro mostra una decorazione a foglia d’oro e smalto. Si tratta di un’iscrizione latina a carattere conviviale che recita: Cena B/enanti ! et / Claudiani: / qui se coro/naberin(t) (!) / biban(t)! (“Cena di Venanzio e Claudiano: coloro che si sono già coronati, bevano!”). Il testo è circondato da una corona vegetale, probabilmente d’alloro, con foglie sovradipinte in smalto chiaro (forse bianco) e bacche in smalto rosso e verde; in basso, compaiono alcune foglie decorative e un’altra corona ornata da nastri e gemme.
Di colore verde pallido è il vetro di copertura, pertinente al recipiente vero e proprio, le cui pareti sono state volutamente spezzate ed eliminate al momento del reimpiego catacombale dell’oggetto.
Il fondo oro, inquadrabile nel IV secolo d.C., è ritenuto il prodotto di un’officina vetraria romana. Esso venne separato dal corpo del vaso, svuotato del suo significato conviviale e pagano e reimpiegato come ornamentazione di un loculo catacombale nel cimitero di Callisto a Roma.
Tra le decorazioni che compaiono su vetri dorati, il tipo di composizione presente sul nostro reperto – un’iscrizione racchiusa in una corona – rappresenta un unicum. L’epigrafecelebra il banchetto offerto da Venanzio e Claudiano in occasione di una ricorrenza o circostanza particolare che li accomunava, come poteva essere l’accesso a qualche carica pubblica o collegiale. L’allusione nel testo a una corona fa riferimento all’uso antico di ornare il capo dei commensali con serti d’alloro, d’edera, di prezzemolo o di mirto.
Il vetro, giunto in due frammenti, in un precedente restauro erano stato riassemblato utilizzando una colla che era stata impiegata anche per proteggere la parte anteriore dell’oggetto. L’interfaccia tra i due vetri, laddove non si era verificata la fusione, era interessata da profonde alterazioni. La parte posterioreeravistosamente alterata per la presenza di strati di silice idrata, di ossidi di manganese e di resti di malta.
Il protettivo superficiale è stato rimosso mediante acqua deionizzata applicata a tampone. I frammenti sono stati quindi separati immergendo l’oggetto in acqua deionizzata riscaldata e sono stati puliti dagli strati d’alterazione e dalla colla mediante bisturi. La presenza deturpante degli ossidi di manganese è stata attenuata utilizzando un prodotto chimico ossidoriducente. Dopo un lavaggio in acqua deionizzata, sono stati eliminati gli strati di silice idrata. Il riassemblaggio è stato effettuato mediante resina epossidica, resina cianacrilica e un collante liquido infiltrato lungo le linee di frattura. La superficie del vetro è stata infine protetta con resina acrilica.
Redazione Restituzioni