Il dipinto, di piccole dimensioni, è collocato nella “Galleria” fra la grande finestra e l’ingresso all’attiguo studio. Un prezioso olio su tela che rappresenta il varo della corvetta partenopea alla quale il recente restauro ha restituito l’originario splendore. La nave è in primo piano, ancora sul ponte, prima di prendere il largo e solcare l’Atlantico, motivo per il quale fu costruita fra il 1824 e il 1825 nei cantieri di Castellammare di Stabia per la Real Marina del Regno delle Due Sicilie. In origine era un vascello di linea con tre ponti, armato di possenti cannoni.
Salvatore Fergola immortalò l’evento del varo costruendo una scena viva, realistica e assai luminosa grazie alla presenza dell’azzurro chiaro del cielo, che fa da sfondo all’immagine della nave in primo piano. Una serie di personaggi, di dimensioni molto ridotte al cospetto della grande carena, sta lì a salutare e rendere omaggio. Numerosissimi e di diversa estrazione sociale, i personaggi sono ordinatamente disposti in fila attorno alla nave lasciando vuota e illuminata dalla luce diffusa la spiaggia.
Ritratti sommariamente i soldati in uniforme, che presenziano all’evento insieme a bambini, donne in eleganti abiti bianchi e ombrellini alla moda accompagnate da uomini con cappello a cilindro insieme a gente del popolo in abbigliamento ordinario, che salutano coloro che dal ponte della nave rispondono con le mani alzate. Sulla poppa è leggibile la denominazione del vascello, intitolato alla regina Isabella.
Fergola (1799-1874) fu una delle figure più popolari e interessanti della scena artistica partenopea nel periodo della Restaurazione. Proveniente da una famiglia di artisti, si dedicò inizialmente allo studio dell’architettura e poi della pittura. Punto di riferimento fu Jakob Philipp Hackert, il cui dipinto Veduta di Pozzuoli e di Ischia (1798 ca) è collocato nella casa museo di Mario Praz, non a caso, proprio sulla parete opposta a quella che occupa la piccola tela di Fergola. La sua notorietà fu dovuta anche alle importanti committenze, come quelle di Francesco I di Borbone e di sua figlia Teresa Cristina.
Il restauro ha permesso di sottoporre il dipinto a un attento studio e di individuare alcune peculiari modalità esecutive recuperando l’aspetto originario. L’eliminazione delle sostanze che nel tempo si erano sedimentate ha consentito di migliorarne la lettura e dunque la fruizione.
Il restauro ha inoltre reso possibile il consolidamento dell’opera, che presentava problemi di fissaggio al telaio e sollevamenti di pellicola pittorica.