Sulla precisa provenienza geografica di questo incensiere (turibolo), di disegno squisitamente gotico, ci sono molte incertezze. I riscontri documentari non confermano l’origine elvetica, a cui rinvierebbero lo stile e l’antichità, mentre un’analisi comparativa con analoghi manufatti può far pensare all’opera di un artefice della zona di Costanza della seconda metà del XIV secolo.
Il turibolo in rame dorato ha la forma di un tempietto a edicola. È costituito da un doppio ordine di trifore (aperture scandite su tre spazi vuoti) terminanti con un arco a sesto acuto (ogivale). Le trifore inferiori simulano un loggiato, mentre quelle superiori fingono vere e proprie finestrelle. I sei pilastrini del cappelletto hanno una forma che consente il fissaggio delle catene a cui era sospeso l’oggetto. Chiude il turibolo una copertura cuspidata a tronco di cono, dotata alla sommità di un anello per il fissaggio della catena centrale. La copertura è percorsa da una decorazione orizzontale graffita a losanghe (cioè a forma di rombo), chiusa ai bordi da fasce più piccole incise al bulino (utensile per incidere a mano metalli dolci o cuoio), e impreziosita da eleganti aperture quadrilobate. Le catene di sospensione sono raccolte in un piattello di raccordo di sagoma piriforme (cioè a forma di pera), mentre la base del manufatto è costituita da una coppa modanata lavorata al bulino, con una decorazione a fogliame tra le mensole dei pilastrini.
Mediocre lo stato di conservazione in cui versava l’oggetto. Evidenti i danni strutturali nella perdita del piede della suppellettile e della metà del piattello di raccordo tra le catene. La decorazione presentava un discontinuo livello di manutenzione. Anche la doratura, a causa dell’ossidazione del rame non era in buone condizioni. L’utilizzo liturgico del turibolo è da considerare tra le principali cause dello stato di deterioramento, soprattutto in corrispondenza delle zone sottoposte a maggior calore. Dopo uno studio preliminare accompagnato dalla relativa analisi fotografica, l’incensiere è stato smontato nelle sue varie componenti in modo da poter procedere ad un riequilibro delle principali deformazioni con ceselli in legno, previo riscaldamento ai raggi infrarossi. Dopo una serie di bagni sgrassanti e un trattamento con sali di Rochelle per l’asportazione dei composti salini che attaccano il rame, è stata effettuata una pulitura al tampone con solventi chetonici, seguita dall’applicazione di vernice nitrocellulosa per una maggiore protezione della superficie. A conclusione del restauro si è proceduto al rimontaggio.
Redazione Restituzioni