La straordinaria scoperta delle stele daunie da parte dell’archeologo toscano Silvio Ferri, nel corso degli anni Sessanta del secolo scorso, ha contribuito in modo determinante all’eccezionale interesse nei confronti del territorio della Capitanata, di cui le stele stesse rappresentano il punto di forza e di maggiore notorietà. Oggi il Museo Nazionale Archeologico di Manfredonia, uno dei luoghi della cultura del Polo Museale della Puglia, con sede nel Castello Svevo Angioino della città, ospita oltre duemila esemplari, tra stele integre e frammentarie, che rappresentano la più grande, completa e matura espressione dell’arte di trattare la materia litica tra le popolazioni indigene dell’Italia preromana.
Composte da lastre rettangolari squadrate e levigate, tali stele furono realizzate tra la metà del VII e il VI secolo a.C. dai Dauni, popolazione stanziata nell’area settentrionale della Puglia, in un vasto territorio strategicamente posizionato nel meridione peninsulare. La pietra usata è un calcare molto tenero e friabile, ricavato dalle vicine cave poste sulle pendici del Gargano, nelle vicinanze del centro di Monte Sant’Angelo, di cui tale pietra è caratteristica. Di dimensioni variabili per altezza (max. 127 cm, min. 42,5 cm), larghezza (max. 70 cm, min. 18 cm) e spessore (max. 14 cm, min. 2,5 cm), le stele riproducono figure maschili e femminili, finemente abbigliate, variamente ornate di insegne indicative del rango e del ceto sociale di appartenenza. Le decorazioni, realizzate a incisione più o meno profonda, si dispongono su tutte e quattro le facce, risparmiandone solo una breve porzione inferiore.
Il progetto di restauro, presentato in questa sede e realizzato nell’ambito del progetto Restituzioni di Intesa Sanpaolo, ha visto la felice collaborazione del Polo Museale della Puglia e della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Barletta-Andria- Trani e Foggia; a entrambi gli enti va l’indubbio riconoscimento di avere arricchito la già straordinaria collezione del Museo Nazionale Archeologico di Manfredonia, con nuovi e inediti reperti del corpus sipontino. L’intervento di conservazione e valorizzazione, diretto da Simonetta Bonomi (Soprintendente della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Barletta-Andria-Trani e Foggia) e curato dai restauratori della Alfa Restauro opere d’arte s.r.l., ha riguardato tre delle stele attualmente conservate nei depositi del museo di Manfredonia, di cui due con ornamenti e una con armi. L’attento programma di restauro qui presentato è avvenuto su superfici lapidee danneggiate dal punto di vista sia fisico che chimico; l’accurata pulitura dei frammenti, necessaria a rimuovere tutte le sostanze dannose presenti all’interno e sulla superficie dei manufatti, è avvenuta attraverso l’utilizzo di metodologie e prodotti innovativi a minore impatto ambientale; l’eliminazione di concrezioni e incrostazioni e la rimozione dei vecchi rifacimenti in gesso non più idonei ha migliorato la qualità dei dettagli che arricchivano le scene figurate e consentito una ricomposizione più vicina possibile all’originale.