La bella testa femminile bronzea, leggermente volta verso destra, presenta un ovale appena allungato, ma pieno, con mento e mascella potenti. Il labbro inferiore, breve e turgido, è staccato dagli angoli della bocca. L’arcata sopracciliare è regolare e vi è una continuità di linea tra il naso e la fronte. Le palpebre sono carnose. La capigliatura, con scriminatura centrale, scende con lunghe e morbide ciocche leggermente ondulate. Un nastro (taenia) gira intorno al capo e si annoda sulla nuca raccogliendo i capelli in una piccola coda.
Questa incantevole testa rappresenta una figura femminile ideale, molto probabilmente da riferire all’immagine di una divinità, forse una delle Muse, le dee ispiratrici del canto poetico, protettrici delle arti e delle scienze. Dell’opera, appartenente alle collezioni vaticane, non si conosce il luogo di rinvenimento e molto incerto è l’inquadramento stilistico, cronologico e funzionale del manufatto. Vi sono dubbi anche sulla sua autenticità (bronzo d’età romana o copia moderna?), ma diversi sono gli aspetti che giocano a favore dell’antichità del reperto.
Un’interessante ipotesi è stata formulata circa la destinazione della testa. Essa costituiva forse la parte centrale di un tondo o clipeo (clipeus, “scudo”); molto frequenti in epoca ellenistica e romana, i clipei erano dischi che incorniciavano l’immagine per lo più di una testa o di un busto (imago clipeata). La tipologia più diffusamente attestata è quella dei clipei-ritratto, più scarse sono invece le testimonianze di tondi con raffigurazioni di divinità. Dall’antichità ci sono giunti numerosi clipei in marmo, mentre più rari sono gli esempi bronzei, sebbene vengano frequentemente citati nelle fonti.
Quanto alla datazione, la capigliatura morbida e plastica, resa con estrema cura e minuzia calligrafica, sembrerebbe orientare verso l’età degli Antonini (seconda metà del II secolo d.C), mentre il volto pieno e massiccio potrebbe far scendere all’età dei Severi (fine del II – inizio del III secolo).
La testa è stata smontata dalla base marmorea settecentesca, lavata in acqua deionizzata e disidratata. Sedimenti di natura terrosa e concrezioni (carbonatiche e silicatiche) sono stati rimossi utilizzando bisturi, punte di setola montate su micromotore, spazzolini e tamponcini ad acqua, alcol e acetone. Sono stati asportati i cloruri di rame e i residui di terra di fusione. La testa è stata quindi sottoposta a bagni in acqua deionizzata, in alcol e in acetone seguiti da disidratazione. Sul manufatto, che presentava processi di corrosione attiva che provocavano il deterioramento del metallo, è stato effettuato un trattamento di stabilizzazione con l’applicazione di un inibitore (benzotriazolo). Il reperto è stato in fine protetto con resina acrilica e cera microcristallina. Anche la base ha richiesto interventi di pulitura, consolidamento e integrazione. La testa è stata quindi rimontata sul suo supporto, realizzando un nuovo sistema di ancoraggio tra il reperto e la sua base.
Redazione Restituzioni