La stele è composta da un’urna parallelepipeda e da un coronamento in funzione di coperchio, fissato in origine all’elemento sottostante con grappe metalliche.
Il coperchio, con frontone e tetto a spioventi con acroteri, chiudeva la cavita per le ceneri, ricavata nella parte sommitale del parallelepipedo.
Quest’ultimo è decorato a bassorilievo con quattro pilastrini angolari che reggono un epistilio a fascia liscia e inquadrano le pareti. Quella frontale reca, in alto, l’iscrizione; in basso un erote alato nell’atto di afferrare le zampe posteriori di un leprotto; su ciascuno dei due lati compare un airone. Il retro è rifinito semplicemente a gradina. Anche il coperchio è decorato: due colombe affrontate che si abbeverano a un vaso nel timpano, due papere accovacciate disposte simmetricamente sugli spioventi.
La stele, a edicola chiusa, senza nicchie o ritratti, appartiene a un tipo che nell’ambito veneto compare solo a Este, e in un numero di esemplari molto limitato.
Tutto il suo apparato decorativo si serve di un codice figurato simbolico e allusivo all’idea della morte come viaggio nell’aldilà, della felicità eterna e dell’immortalità attesa dal defunto. L’iscrizione ce ne restituisce il nome: P(ubli) Ae[mi]li / P(ubli) f(ili) Brevis ([Monumento di] Publio Emilio Breve, figlio di Publio).
Si tratta di un membro della gens Aemilia, una famiglia già attestata localmente nel I secolo a.C., cioè nel periodo in cui era in atto la romanizzazione dell’Italia a nord del Po, che trasformò anche l’antico centro veneto in citta romana (Ateste), divenuta poi colonia con la deduzione di ex combattenti (veterani) della battaglia di Azio (31 a.C.). Ad alcuni di questi veterani appartengono tre monumenti funerari di età augustea conservati al museo, che rientrano nel limitato gruppo a cui appartiene anche la nostra stele, databile anch’essa tra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C.
Per il recupero e la corretta lettura del monumento, parzialmente frammentato e ricomposto in passato, con mancanze, lacune e forme diverse di degrado della pietra tenera di cui e costituito, e stato di fondamentale importanza l’intervento di restauro. Esso ha, fra l’altro, consentito l’integrazione di alcune lettere dell’iscrizione, mettendone in evidenza le tracce della rubricatura antica, come confermato dalle analisi effettuate nel corso del restauro.
Cinzia Tagliaferro