La stele fa parte della settecentesca collezione Borgia, creata dal cardinale Stefano Borgia a Velletri, acquistata da Gioacchino Murat per il museo di Napoli durante il ‘periodo francese’ grazie a una trattativa con Camillo Borgia, erede della raccolta.
Tra gli esemplari di spicco della collezione vi è indubbiamente la stele funeraria in esame, importante testimonianza dell’arte dei primi decenni del V secolo a.C.
La stele è coronata da una palmetta a volute stilizzata.
Nel campo, limitato alle due estremità da una cordonatura, e rappresentato un uomo con barba e corta chioma cinta da una benda; la testa e di profilo, ha occhio con palpebra superiore indicata, bocca semiaperta, naso lacunoso, orecchio scolpito nei dettagli.
Il busto, visto di tre quarti, anatomicamente ben modellato, è piegato in avanti con il conseguente incurvarsi delle spalle, quella destra in torsione; si regge a un lungo bastone puntellato sotto l’ascella sinistra, stretto con le dita della mano sinistra, al polso della quale e legato un aryballos sferico. La corta clamide indossata dall’uomo è trattenuta sotto il bastone infittendosi in numerose pieghe. Le gambe, muscolose e possenti, sono incrociate, la destra di sostegno, tesa la sinistra piegata e sovrapposta all’altra, il piede ha quattro dita indicate. A occupare lo spazio inferiore della stele e un cane di razza levriere, raffigurato seduto di profilo, con testa sollevata rivolta all’uomo che con la mano destra gli sta porgendo un boccone di cibo o un grillo, di cui non rimane traccia.
Il soggetto dell’uomo adulto accompagnato dal cane è ben attestato nella produzione ionica del tardo periodo arcaico e nella produzione di età severa, e unisce due importanti ideali della società greca del periodo. L’aryballos che pende dal suo polso rimanda alla palestra e all’atletismo: si tratta infatti di un contenitore con olio con cui l’atleta frizionava il corpo nudo prima di iniziare l’allenamento. L’oggetto rimanda quindi agli ideali di prestanza e bellezza fisica, raggiungibili attraverso l’allenamento in palestra, a cui nel mondo greco era indissolubilmente legato il valore morale dell’individuo: si esprimeva cioè la sintesi del perfetto cittadino kalos kai agathos.
Altra connotazione ‘ideologica’ è conferita alla scultura dalla presenza del cane levriere, razza utilizzata per la caccia, grazie al quale si alludeva all’aristocratica attività venatoria, impiegato quindi come visualizzatore dello status elitario del defunto.
Il restauro, realizzato in occasione di Restituzioni 2013, ha avuto come obiettivo quello di eliminaregli invasivi interventi del vecchio restauro che disturbavano la lettura complessiva dell’opera e riportare l’esemplare alle forme originarie.
Federica Giacobello
Foto Gennaro Morgese, Giorgio Albano (SSBA Napoli)