La piccola scultura raffigura una donna vestita di chitone e himation, stante sulla gamba sinistra, con la destra leggermente spostata di lato. Il mantello ricopre entrambe le braccia, una delle quali ripiegata sul petto. Si tratta di una replica, forse di manifattura attica, del tipo della “Piccola Ercolanese”, così denominato da una statua scoperta nel teatro dell’omonima città campana, oggi all’Albertinum di Dresda che conserva anche l’altra tipologia, quella della “Grande Ercolanese”. Le due statue facevano parte della medesima scena teatrale, datata alla metà del I secolo d.C. Dipendono da prototipi greci, probabilmente immagini delle dee Demetra (la grande) e Kore (la piccola), ideati nella seconda metà del IV secolo a.C. Questi modelli erano spesso utilizzati in età romana per le statue di imperatrici e dame dell’alta società.
La tipologia relativa a Kore-Persefone, in particolare, era utilizzata per rappresentare ragazze nubili sui rilievi funerari attici o micro-asiatici. La statua veneziana era in origine proprio una statua funeraria, forse addossata alla parete di un sepolcro (il retro non è lavorato). Nella tabula ansata posta sulla base della statuetta si trova l’iscrizione che, come tipico, ne doveva scongiurare la profanazione (in questo caso: “Per gli dei tuoi non troncare qui cosa alcuna”). La testa non appartiene alla statua, ma è frutto di un restauro rinascimentale. Si tratta comunque di un’opera antica, databile al II secolo a.C. e ricorda nello schema generale il capo dell’Afrodite Pudica. La statua fa parte della celebre donazione alla Serenissima di Giovanni Grimani, Patriarca di Aquileia. In tale contesto può essere avvenuto il restauro che ha portato all’aggiunta della testa non originale, ma non vi è documentazione in merito. Ampia è in ogni caso la fortuna della tipologia della Piccola Ercolanese già nella Venezia del Quattrocento.
Le numerose concrezioni silicee di colore brunastro sono state notevolmente ridotte mediante l’attenta pulizia, condotta con impacchi, e soprattutto con l’uso discreto del bisturi. Nel corso del lavoro di pulizia sono emersi parecchi graffi, probabilmente frutto di precedenti invasivi interventi di restauro (non esclusi quelli cinquecenteschi). Il marmo della testa presentava tracce diffuse di erosione e la testa stessa era deturpata da concrezioni grigiastre, che non è stato possibile eliminare del tutto. Sulla nuca e sul collo sono state trovate e rimosse, con fatica, varie tracce verdastre dovute alla migrazione in superficie dei sali di rame staccatisi dal perno in bronzo che assicurava il collo al resto del busto. La testa è stata dunque staccata e si è sostituito il perno con un sostegno in fibra di vetro. Le stuccature moderne sono state eliminate e sostituite con nuove stuccature eseguite con polvere di marmo e resina acrilica in emulsione. Infine sono stati stesi una blanda soluzione di resina e un film di cera microcristallina per proteggere le superfici antiche.
Redazione Restituzioni