L’intera composizione è costruita attorno a due punti di forza: la gamba destra appena flessa al ginocchio, mentre la sinistra regge il peso; il mantello che ricade morbidamente dalla spalla destra e poggia sull’avambraccio sinistro. Nasce da questa semplice e speculare struttura il complesso e vibrante gioco di pieghe che, al di là delle ampie mutilazioni, rende affascinante la statua, probabilmente la copia romana, realizzata nel I secolo d.C., di un modello classico in voga nel IV secolo a.C. Il tipo di marmo e lo stile compositivo fanno in effetti pensare all’opera di un’officina neoattica attiva nella prima età imperiale. Ciò permetterebbe di ricondurre la statua al tipico fenomeno del collezionismo di opere d’arte greca, con le loro copie e imitazioni, utilizzate per abbellire residenze imperiali, domus e ville dell’aristocrazia romana. Impostasi naturalmente a Roma, la moda del collezionismo di opere ispirate a modelli ellenistici si diffuse in seguito nelle provincie toccando anche Concordia Sagittaria, come confermano altri reperti conservati nel Museo Nazionale Concordiese.
Non è facile dirimere la questione circa la destinazione del pezzo, anche per la totale assenza di notizie circa il luogo del rinvenimento. Le ipotesi sono comunque due: la prima vede nella statua la rappresentazione di una divinità di culto, connessa ad una forma di devozione privata (vista la sua ridotta dimensione); la seconda suppone che il manufatto sia stato realizzato per commemorare una defunta di particolare prestigio. A risolvere il problema non aiutano i fori che la statua presenta sul fianco sinistro in quanto non è possibile stabilire con certezza l’epoca della loro esecuzione: potrebbe anche trattarsi infatti di interventi legati ad un riuso dell’oggetto in epoca successiva. La statua entrò a far parte delle collezioni del Museo probabilmente in occasione della donazione nel 1873 della collezione Muschietti: una raccolta di lapidi marmoree, busti, bassorilievi, capitelli e altro avviata sullo scorcio del Settecento dal canonico Matteo Muschietti.
La statua è priva della testa, del braccio destro, della mano sinistra e dei piedi. Varie le microfratture e le abrasioni che nel tempo hanno deturpato il manto e le pieghe. Una frattura interessava anche longitudinalmente la statua. Depositi di polveri scurivano e opacizzavano la superficie. Dopo una verifica dello stato delle lesioni e delle fratture, si è iniziata la pulitura a secco mediante pennello e bisturi. Con una soluzione di tensioattivo in acqua demineralizzata si è proceduto ad un lavaggio con spugna e tamponcini per le zone più profonde. Mediante impacchi di poltiglia di sepiolite sono state abbassate le macchie rosso-brune dovute alla dispersione degli ossidi ferrosi nella rete microcristallina del marmo. La frattura che attraversava la metà superiore del corpo è stata chiusa e stuccata con maltina di grassello di calce e polvere di marmo bianco a fine granulometria. Ritocchi a velatura di acqua, calce e pigmento di terra naturale hanno consentito l’adeguamento cromatico delle stuccature. Con la stesura e lucidatura a panno di cera vegetale si è poi chiuso l’intervento.
Redazione Restituzioni