Esposto per la prima volta al pubblico nel 2005, il Kouros di Reggio Calabria rappresenta certamente una delle novità più rilevanti apparse nel panorama scultoreo della Magna Grecia e della Sicilia negli ultimi decenni. La statua è stata acquisita dal Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria grazie al sequestro operato l’8 febbraio 1990 dalla Guardia di Finanza in un’abitazione privata della città sullo Stretto. Priva di un preciso contesto di provenienza, ma probabilmente recuperata in area urbana, la scultura è stata presentata scientificamente nel 2001 da Elena Lattanzi, allora soprintendente per i Beni Archeologici della Calabria. Più di recente è stata oggetto di ulteriori studi, che concordano per una datazione tra lo scorcio del VI secolo e il 490 a.C.
La statua rappresenta un giovane nudo, di dimensioni minori del vero (alt. conservata 90,5 cm; possibile alt. totale 130 cm ca). È mancante del braccio sinistro, dell’avambraccio destro, del membro virile e della parte inferiore delle gambe al di sotto delle ginocchia. Un perno antico in ferro a sezione circolare (diam. 13,5 mm) è inserito nella regione pubica. Sono presenti scheggiature al naso e in altre parti del corpo. Sulla coscia sinistra, sotto il gluteo, è il profondo segno lasciato dal colpo inferto da una benna meccanica. Già prima del sequestro due alti perni in ottone erano stati inseriti nelle gambe, in corrispondenza dei piani di frattura, per sostenere la statua su un piedistallo.
La figura è stante, con la gamba sinistra leggermente avanzata. La testa, dai caratteri arcaizzanti, mostra una lieve torsione verso sinistra, con un’inclinazione in basso appena percepibile. Il braccio destro è staccato dal corpo e doveva presentare l’avambraccio piegato in avanti, verosimilmente nell’atto di reggere un oggetto. La spalla sinistra appare leggermente arretrata e abbassata, indicando come il braccio sinistro, anch’esso scostato dal corpo, dovesse essere lievemente ritratto. Le proporzioni sono slanciate e il corpo presenta un modellato raffinato e morbido, con muscolatura tonica che crea un tenue effetto chiaroscurale. Le spalle, sostenute dalla resa delicata delle clavicole incurvate all’indietro, sono un poco abbassate e si aprono nei muscoli grandi pettorali. I capezzoli sono delicatamente rilevati, forse con indicazione appena percepibile delle areole. L’arcata epigastrica, dall’andamento trapezoidale, si articola intorno alla linea alba e si conclude sulle masse degli addominali obliqui. La linea ogivale del solco inguinale raggiunge l’arcata crurale e il pene, lavorato a parte e ancorato tramite il perno in ferro. L’ombelico è inciso con una forma lenticolare e nodo circolare. Sul retro le masse dei trapezi sono morbide, mentre il solco spinale viene sottolineato da fasce lombodorsali robuste e verticali, con il grande dorsale sinistro leggermente più pieno. Al di sotto dei muscoli obliqui esterni dell’addome i glutei appaiono tonici e vigorosi.
Il viso è tondeggiante, animato da un radioso “sorriso arcaico”. Il mento è arrotondato e appena rientrante, con una fossetta superiore. Gli occhi sono resi da un leggero modellato, con palpebre lievemente rilevate entro tese arcate sopraciliari. Probabilmente gli occhi in origine erano dipinti, come testimonierebbero alcune tracce di colore bruno individuate nella zona della pupilla. Le orecchie, interamente scoperte, sono ben proporzionate, con una linea incisa che definisce l’elice a partire dalla sua radice e con l’antelice marcato dalla profonda conca del padiglione auricolare, con trago e antitrago ben distinti.
La capigliatura, ancora largamente ricoperta di ocra rossa ematitica, appare trattenuta da una taenia a doppia costolatura, con diciotto coppie di forellini che permettevano l’inserimento di un duplice ordine di applicazioni fitomorfe in metallo prezioso. Quattro file di riccioli, resi a chiocciola intorno a un forellino, definiscono l’acconciatura sulla fronte, delimitata sulle tempie da tre ampi boccoli a spirale. Lunghe ciocche ondulate a raggiera scandiscono la calotta, raccogliendosi sulla nuca in un elegante krobylos che lascia scoperto il collo. Tracce dell’applicazione di una lamina in oro sono state riconosciute presso l’attacco dei capelli e nei solchi dei riccioli. Si è pensato, quindi, che l’ocra rossa ematitica possa essere servita anche come bolo preparatorio per la doratura dei capelli.
Le analisi di laboratorio, effettuate già nel corso del procedimento giudiziario negli anni novanta del secolo scorso, hanno permesso di individuare la provenienza del marmo impiegato dall’isola greca di Paros, più precisamente dalla cava di Lakkoi. Sin dall’editio princeps il Kouros reggino è stato avvicinato al gruppo “Ptoion 20” della classificazione proposta da Gisela Richter, inquadrato cronologicamente tra il 520 e il 485 a.C., e in particolare al Kouros n. 20 del Museo Nazionale di Atene. Risultano soprattutto stringenti le affinità con il gruppo dei kouroi magnogreci e in particolare siciliani, a partire dal Kouros di Leontinoi e dal magnifico torso da Grammichele, entrambi al Museo “Paolo Orsi” di Siracusa e realizzati pure in marmo pario. La splendida testa databile al principio del V secolo a.C., anch’essa dal territorio di Leontinoi poi entrata nella collezione Biscari di Catania, mostra le più significative corrispondenze sia nell’impianto iconografico sia nella resa della capigliatura, talmente forti da far proporre il medesimo atelier. Senza dimenticare la testa di Kouros del Museo Barracco, per la quale non si può escludere una provenienza calabrese.
La statua, probabilmente creata da artisti – forse itineranti – in qualche bottega operante tra lo Stretto e la Sicilia orientale, è stata oggetto di varie proposte di identificazione. La presenza della corona con foglie e fiori in metallo ha portato alcuni a riconoscervi l’immagine di un giovanissimo atleta vincitore, con attributo nella mano destra relativo all’attività fisica o alla funzione svolta. Più recente e plausibile è l’identificazione con l’immagine di Apollo, dalla corona di foglie d’alloro e recante, quali attributi, l’arco in una mano e la cetra o una phiale nell’altra. Significativo, in questo senso, è il riferimento alle immagini di Apollo, con i capelli analogamente raccolti in un krobylos, presenti sia sui tetradrammi di Leontinoi della metà del V secolo a.C. sia su quelli della stessa Rhegion della fine del secolo.
Purtroppo resta solo una suggestione la possibile provenienza della statua dall’area di Reggio Lido, dove tra gli anni settanta e ottanta del secolo scorso fu messo in luce (e poi purtroppo distrutto) un complesso palinsesto stratigrafico che raggiunse le tracce di imponenti strutture di età arcaica, forse riferibili a un santuario. Di certo, il Kouros rappresenta oggi la principale testimonianza scultorea dell’antica Rhegion, creata tra il 500 e il 490 a.C., all’alba di quella straordinaria fase storica in cui la salita al potere di Anassila portò potenza e ricchezza alle due città dello Stretto.