Il dipinto appartiene alla prestigiosa collezione che Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi, nei decenni a cavallo tra Otto e Novecento, raccolsero nella loro dimora milanese, oggi una delle case-museo più affascinanti d’Italia.
Il restauro ha recuperato al meglio gli splendenti colori di una tavola che fu certo destinata all’altare di una chiesa francescana di Siena o del suo territorio. Entro una sorta di luminoso loggiato aperto su di un cielo azzurro e impreziosito dai marmi screziati della pavimentazione, la scena è dominata dalla Vergine in trono, con il Figlio sporto a inanellare Caterina d’Alessandria. Di contro la terziaria francescana Elisabetta d’Ungheria raccoglie in grembo i peculiari fiori, mentre ai lati si stagliano, col saio marrone dell’Osservanza, Antonio da Padova e Bernardino da Siena, a ostentare l’uno il cuore infiammato d’amore per Dio, e l’altro la tavoletta col trigramma cristologico esibita durante le prediche. In primo piano si inginocchiano infine Francesco e Girolamo; abbigliato del saio grigio cinerino dei conventuali, il santo di Assisi alza la destra a indicare Maria, mentre l’anacoreta penitente, protetto dal fido leone, si percuote il petto nudo.
La tavola si deve a Girolamo di Benvenuto, che lavorò a Siena tra la fine del secolo XV e il primo quarto del successivo al fianco del padre Benvenuto di Giovanni, di cui ereditò la bottega e lo stile, così ancorato agli stilemi tardoquattrocenteschi da rimanere impermeabile alle novità della maniera moderna. Posteriore all’Assunta affrescata da Girolamo entro il 1515 nella chiesa senese di Santa Maria a Fontegiusta, il nostro dipinto non reca infatti segno di aggiornamento sui modi di Domenico Beccafumi e Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma, palesandosi come una vivida variante delle più tipiche pale d’altare di Benvenuto di Giovanni, ingentilita da una volontà di innestarsi sul filone ‘umbro’ della pittura senese che ebbe i più tipici esponenti in Bernardino Fungai e Giacomo Pacchiarotti.
Gabriele Fattorini