Il secchiello (situla), in vetro di intenso colore purpureo, è di forma troncoconica. Lungo l’intero corpo è intagliato un ricco fregio raffigurante un rito dionisiaco (thiasos). Al centro compare Dioniso, dio del vino, appoggiato ad un pilastrino alla cui base è accovacciato un felino (tigre o pantera); alla sua sinistra vi è una figura femminile, forse la sposa Arianna, nell’atto di porgergli una coppa di vino, mentre a destra appare un giovane pastore con una coppa entro cui il dio versa del vino da una brocca (oinochoe). La scena è movimentata da altre figure: una menade, donna invasata al seguito del dio Dioniso, percuote il timpano e fugge da un pastore che regge un cestello di frutta, mentre Pan, divinità di forma caprina, insegue una fanciulla recante un sonaglio. Elementi vegetali – corone a festone, fronde, melagrane, grappoli – colmano i vuoti nel fondo della composizione: in questi riempitivi vegetali risiede la singolarità più appariscente del fregio figurato. La fascia superiore, che delimita il soggetto dionisiaco, è decorata da elementi fusiformi e tondeggianti (fusarole e perline), quella inferiore da girali che racchiudono uccelli, pesci ed elementi vegetali .
Il manico e le borchie che lo fissano alla situla sono in argento e presentano motivi ornamentali.
Il preziosissimo secchiello appartiene al Tesoro della Basilica veneziana di San Marco. Quando nel 1816 il conte Leopoldo Cicognara redasse un inventario degli oggetti conservati nella Basilica, lodò il «secchio meraviglioso» di «grosso cristallo violaceo»., reputandolo «la più bella delle antichità figurate del Tesoro», meritevole soprattutto per il «baccanale [che] sta inciso nel giro».
Secondo l’ipotesi più accreditata, l’oggetto sarebbe di fabbricazione romana o alessandrina e risalirebbe all’età tardo-imperiale, al IV secolo d.C. o tutt’al più all’inizio del successivo. Anche la decorazione del manico rimanda alla stessa epoca, la cui fattura sarebbe pertanto coeva a quella della situla.
La scena dionisiaca rappresentata nel fregio conobbe una notevole popolarità sino all’epoca tardo-antica, per il protrarsi di vecchi culti pagani ben dentro l’era cristiana, soprattutto presso alcune ricche famiglie dell’impero. Il secchiello era probabilmente utilizzato durante le libagioni mistiche connesse al culto bacchico e destinato forse a raccogliere il sangue delle vittime sacrificali. Il colore rosso purpureo, che ha sempre avuto nell’antichità un’alta valenza simbolica di autorità e prestigio, conferma l’estrema sontuosità dell’esemplare.
L’opera ha subito la perdita quasi totale del fondo; l’ampia lacuna è stata integrata modellando una resina opportunamente pigmentata. Con la stessa resina è stata riparata una lesione che correva lungo una parete. La pulitura della superficie vitrea ha portato all’eliminazione dell’offuscamento dovuto a depositi di polvere. È stato pulito anche il manico, che si presentava scuro a causa della solforazione dell’argento.
Redazione Restituzioni