Il grande sarcofago è costituito da quattro elementi lapidei, un coperchio, il fronte e due fianchi.
Il rilievo sul fronte rappresenta, con una narrazione che procede da sinistra verso destra, tre momenti di vita di un personaggio loricato raffigurato come appartenente ad alti ranghi dell’esercito romano. Al centro appare un camillo, un vittimario e un popa che attendono a un sacrificio rituale, allusivo alla Pietas, forse da identificare con il sacrificium che il legatus Augusti propretore celebrava prima di partire per la provincia a lui assegnata. A sinistra è la figura della Virtù in forma di Victoria alata acefala, seguita dalla scena simbolica della Clementia verso i vinti; a destra è raffigurato il matrimonio simboleggiato dalla dextrarum iunctio, cui allude la personificazione della Concordia. Così nel fronte compaiono l’allegoria delle quattro Virtù cardinali romane, proprie dell’iconografia imperiale. Il coperchio ha per tema le Divinità capitoline e reca negli angoli acroteriali due mascheroni. Sul fianco sinistro sono scolpiti Due offerenti e un camillo e su quello destro un Vittimario con il toro.
La storia della pregevole opera, da quando giunge a Sabbioneta nella collezione di Vespasiano Gonzaga, è in tutto analoga a quella del sarcofago raffigurante le scene del Sacco di Troia (cat. 9a). Infatti è certa la provenienza da Sabbioneta dei marmi che attualmente lo compongono; i materiali sono citati nell’elenco del 1774 redatto da Antonio Maria Romenati, anche se la critica è discorde circa la reale pertinenza di tutti i rilievi al medesimo sarcofago. Matteo Borsa, direttore del Museo Statuario nel Palazzo degli Studi dopo la morte di Giovanni Girolamo Carli nel 1786, tiene in grandissima considerazione il fronte, esposto nella prima campata del museo, paragonandolo ai rilievi della Colonna Traiana e a un rilievo di soggetto analogo murato a Villa Medici sul lato verso il giardino. Il coperchio è collocato nell’età dell’ordinamento settecentesco invece nella ventitreesima campata e non viene messo in relazione col fronte. Analoga la posizione di Giovanni Labus che ipotizza la provenienza della lastra maggiore dall’arco Veri et Marci Augustorum di Roma, il cosiddetto Arco di Portogallo, edificato sulla via Lata, presso San Lorenzo in Lucina, senza associare il coperchio al medesimo manufatto.
Per quanto riguarda i fianchi non ne viene fatta menzione e anche Leandro Ventura si dissocia da Alda Levi affermando che l’attuale ricomposizione, avvenuta negli anni Venti del Novecento, non è corretta, poiché questi due elementi non apparterrebbero allo stesso manufatto, differenti per stile e dimensioni.
In realtà nel corso del presente intervento di restauro si è potuta verificare la congruenza dei fianchi al fronte perché sul rilievo di sinistra, su cui sono raffigurati Due offerenti e un camillo vi è la prosecuzione dell’ala della Vittoria posta all’estremità sinistra del fronte. Inoltre, il marmo del fianco destro, su cui è rappresentato il Vittimario con il toro, si inserisce perfettamente nel fronte tanto che parte del panneggio dietro la paraninfa è scolpito proprio su quest’ultimo. Inoltre il materiale costitutivo, un marmo greco a cristalli grossi, è il medesimo per tutti e tre gli elementi lapidei. Per quanto riguarda l’altezza dei rilievi, si ritiene probabile che lo smembramento del sarcofago e le successive rilavorazioni ne possano aver modificato le altezze. Il sarcofago detto ‘del generale’ si presentava rimontato con le stesse modalita di quello raffigurante il Sacco di Troia (cat. 9a), ma le dimensioni e la delicatezza del manufatto ne hanno impedito lo smontaggio. Le operazioni effettuate all’interno e all’esterno sono state le medesime di quelle eseguite per il sarcofago con il Sacco di Troia (cat. 9a). L’intervento di nuovi incollaggi e di ricostruzioni di importanti lacune nel caso del sarcofago in esame è stato più complesso e delicato di quello eseguito sugli altri due manufatti (catt. 9a e 9c).
Renata Casarin, M. Chiara Ceriotti