La tavola costituiva in origine lo scomparto destro di un polittico, smembrato entro la prima metà dell’Ottocento.
Al centro si trovava la Madonna col Bambino, datata 1409, abitualmente custodita nella cappella del Noviziato (o cappella Medici) in Santa Croce a Firenze e attualmente nei Laboratori della Fortezza da Basso dell’Opificio delle Pietre Dure.
Del complesso si conosce anche il laterale sinistro, di proprietà delle Gallerie fiorentine, anch’esso al momento nei Laboratori della Fortezza: vi sono raffigurati i Santi Ludovico di Tolosa e Giuliano e, nella cimasa, il Profeta Geremia.
L’intervento condotto da Carlotta Beccaria ha permesso di recuperare il tono cromatico originario che era stato offuscato da una spessa pellicola di sporcizia mista a diversi strati di vernice ossidata, rimossi insieme ad alcuni vecchi restauri pittorici scuriti.
Parti della cornice sono state aggiunte durante un vecchio restauro, probabilmente ottocentesco (le due colonnine tortili, la base di quella di sinistra, le modanature ai margini laterali della cimasa).
Non è noto quando e da chi fu acquistato il dipinto, probabilmente ciò avvenne verso gli ultimi due decenni del XIX secolo, periodo in cui i fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi comprarono la maggior parte degli oggetti per la loro residenza milanese.
Il polittico di cui faceva parte fu eseguito molto probabilmente per una chiesa francescana, data la presenza di due santi appartenenti a quell’ordine (Francesco e Ludovico), mentre altri elementi, a partire dall’ubicazione dello scomparto centrale nella cappella del Noviziato – attestata già nell’Ottocento – ne suggeriscono la provenienza da Santa Croce. In particolare si può formulare l’ipotesi (da verificare con ulteriori ricerche) che originariamente il polittico fosse collocato sull’altare della cappella di San Giuliano, di patronato della famiglia Mellini e ubicata nei chiostri della basilica fiorentina.
I Santi Bagatti Valsecchi sono tipici della fase tarda di Lorenzo di Niccolò, quando il pittore, pur continuando a costruire forme monumentali in continuità con la tradizione trecentesca fiorentina nella quale si era formato, cerca di adeguare il suo stile alle novità tardogotiche, allungando le figure, ricercando pose più aggraziate e addolcendo incarnati e cromie.
Lorenzo Sbaraglio
Foto Giuseppe e Luciano Malcangi