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    Torna a Restituzioni 2006

    Santa Giustina

    Data: 1470 ca
    Artista: Giovanni Bellini
    Nascita artista: Venezia, 1430 ca
    Morte artista: 1516
    Tecnica/Materiale: Tempera su tavola
    Dimensioni: 128,8 x 54,5 cm
    Provenienza: Fausto Bagatti Valsecchi (1843-1914) e Giuseppe Bagatti Valsecchi (1845-1934), almeno dal 1882; Milano, PasinoBagatti Valsecchi (1901-1976), dal 1934; Milano, Fondazione Bagatti Valsecchi, dal 1974
    Collocazione: Milano, Museo Bagatti Valsecchi
    Edizione: Restituzioni 2006
    Autore scheda in catalogo: Giovanni Agosti
    Restauro: Carlotta Beccaria e Roberto Buda
    Ente di Tutela: Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico per le province di Milano, Bergamo, Como, Lecco, Lodi, Pavia, Sondrio, Varese

    Giustina trae il suo nome da “giustizia”. Per giustizia infatti rese a ciascuno il suo: a Dio l’obbedienza, al suo superiore la reverenza, a chi era pari a lei la concordia, a chi le era inferiore la disciplina, ai nemici la pazienza, ai miseri e ai sofferenti la compassione operosa, a sé la santa condotta di vita, ai prossimi la carità. (Iacopo da Varazze) Il culto di Giustina trova in quest’opera di Giovanni Bellini una singolare interpretazione, che valorizza la dignità e la forza morale della santa martire.

    Scheda breve

    Una monumentalità quasi statuaria connota la Santa Giustina del Museo Bagatti Valsecchi di Milano, attenuata dall’espressione di raccolta serenità impressa nel volto della santa.

    Ritratta a figura intera, Giustina si staglia sullo sfondo di un cielo blu scuro addensato di nuvole, reggendo con la mano sinistra un libro finemente rilegato e con la destra la palma del martirio, a sua volta richiamato dalla spada che le trafigge il petto. Il dolore rimane invisibile, stoicamente sopportato e anzi sublimato con la forza della fede: nessun elemento propriamente drammatico turba la composta dignità che contraddistingue la martire.

    Giustina si offre allo spettatore avvolta in un manto rosa pesca, annodato alla maniera antica; la gamba destra appena piegata alleggerisce il cadere verticale della lunga veste verde oliva, che lascia appena scoperti i piedi. Nel complesso, a conferire ulteriore dignità alla figura della santa, è il dettaglio dell’elaborata acconciatura, arricchita dalla preziosa fila di perle e dal diadema che incornicia il perfetto ovale del volto.

    Integrando quanto già dice l’immagine, un’iscrizione posta alla base del piano d’appoggio specifica l’identità della santa, in un primo momento scritta in latino (AGVSTINA) e mutata poi in GIVSTINA DE’ BOROMEIS.

     

     

    Il dipinto ha conosciuto una vicenda critica piuttosto complessa e appassionante, concentrata soprattutto sulla questione attributiva e cronologica. Documentata nella collezione Bagatti Valsecchi almeno dal 1882, la Santa Giustina è stata inizialmente assegnata ad Alvise Vivarini e scambiata con una santa Cecilia. Tuttavia, se per l’identità della santa è stata fatta rapidamente giustizia, più problematico si è rivelato il discorso attributivo, oscillante fra i nomi di Alvise Vivarini, Andrea Mantegna e Giovanni Bellini. La critica, dopo essersi quasi unanimemente orientata su quest’ultimo, si è  focalizzata sulla questione cronologica.

    Sulla base di alcuni riscontri documentari, la tavola è stata ricondotta alla committenza milanese della famiglia Borromeo e datata intorno al 1470, posticipandola di una decina d’anni rispetto alla proposta iniziale che la vedeva come un’opera giovanile del 1460 e in anticipo rispetto a chi, ravvisando l’influenza di Antonello da Messina, la collocava intorno agli anni Ottanta.

     

     

    Il dipinto è stato oggetto di un restauro piuttosto impegnativo, che ha riguardato il supporto ligneo e la parte pittorica. Lo spessore originale della tavola, infatti, era stato assottigliato per consentire l’applicazione a tergo di regoli scorrevoli (parchettatura). Tale riduzione ha causato fenditure, microsollevamenti e cadute di colore. Si è pertanto resa necessaria la rimozione della parchettatura e l’applicazione di un nuovo sistema di sostegno.

    Per la parte pittorica, invece, sono stati evidenziati interventi sovrapposti di restauro e una stesura non omogenea di vernice; la superficie appariva peraltro fortemente maculata e striata di un colore bruno, a causa di una patinatura stesa in modo poco accurato, solo nelle zone più chiare dell’opera. E’ stata così necessaria la rimozione di tale patinatura, lasciando però inalterati vernice e restauri sottostanti, troppo legati allo strato pittorico originario per essere rimossi. Si è quindi preferita una pulitura limitata, in grado comunque di restituire, nel pieno rispetto della storia conservativa dell’opera, una stesura più compatta e luminosa.

     

     

     

     

    Redazione Restituzioni

    Le fasi del restauro

    Prima
    Prima

    Prima del restauro, particolare

    Retro della tavola prima del restauro

    Durante
    Durante

    Durante il restauro, particolare a luce di Wood

    Dopo
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    Dopo

    Dopo il restauro

    Dopo il restauro, particolare

    Dopo il restauro, particolare

    Dopo il restauro, particolare

    Dopo il restauro, particolare

    Dopo il restauro, particolare

    Retro della tavola dopo il restauro

    Dopo il restauro, particolare

    Approfondimenti

    Restituzioni 2006

    Tesori d'arte restaurati, a cura di Carlo Bertelli, Vicenza 2006

    Altre opere dell'edizione

    oreficeria

    Due catene da orologio (Collana di Ganimede, Collana di Perseo); Due bracciali (Collana di Patroclo, Catenella del sacrificatore)

    corredo funerario

    Gruppo di quattordici anelli e sette gemme incise

    scultura

    Altare funerario ottagonale

    scultura

    Ara funeraria con scena di banchetto

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