Destinato a ornare le pareti di Santa Eufemia, nell’isola della Giudecca a Venezia, il San Rocco e l’angelo di Bartolomeo Vivarini è opera finemente elaborata, di cui colpisce la bellezza composta e armoniosa. Il dipinto fa parte di un trittico dove, in mezzo ai pannelli laterali con Ludovico di Tolosa e Sebastiano, domina il santo guaritore per eccellenza: Rocco di Montpellier.
Stagliandosi su un luminoso fondo dorato, il santo è rappresentato a tutta figura nei panni del pellegrino, con tanto di bordone, rosario, bisaccia, tascapane e un ampio mantello verde scuro su cui è appuntata la caratteristica conchiglia. Reduce della miracolosa guarigione, san Rocco ostenta una ferita ancora aperta, con il sangue che sgorga all’interno della coscia destra, toccando con forza il cuore dello spettatore devoto.
L’opera ha ottenuto il parere favorevole della critica, che la ritiene una delle migliori realizzazioni di Bartolomeo Vivarini, comparabile ad altri suoi importanti lavori degli anni Settanta.
L’autografia e la collocazione cronologica al 1480 non sono mai state messe in dubbio, sulla scorta della testimonianza ottocentesca di Moschini che, nella Guida di Venezia, attesta la presenza del dipinto nell’altare dedicato al santo, accompagnata da firma e data. Committenti furono i confratelli della Scuola di San Rocco che, celebrando il proprio santo e diffondendone il culto, rispondevano anche a precise esigenze devozionali, legate ai timori per la peste scoppiata nel 1478. Il messaggio salvifico dell’immagine veniva inoltre potenziato dalla presenza degli altri due santi, Ludovico di Tolosa e Sebastiano, noti per le eccezionali virtù taumaturgiche.
L’opera si inseriva così nell’ambito di una più ampia ideologia: quella della Repubblica di Venezia, che aveva posto la pubblica assistenza al centro della propria linea politica.
Il restauro ha provveduto a riparare i danni, concentrati nella parte bassa del dipinto e causati da fattori ambientali, quali l’umidità della muratura retrostante all’altare marmoreo che ospitava (e tuttora ospita) l’opera. Si sono dunque rivelati necessari la pulitura del supporto, il consolidamento e la disinfestazione.
La parte della superficie pittorica, invece, è subito apparsa straordinariamente conservata e brillante: applicata su uno strato preparatorio di colore ambrato e realizzata con perfetta perizia, è stata intaccata solo in alcuni punti da sollevamenti di colore. Per restituire all’immagine la piena leggibilità dei colori e dei dettagli iconografici, sono state quindi sufficienti una riadesione dei pigmenti sollevati, l’eliminazione delle vernici, alcune integrazioni pittoriche e, infine, un’opportuna pulitura, fondamentale per il recupero del brillante cromatismo del fondo dorato.
Redazione Restituzioni