San Pietro e san Giovanni Battista si impongono allo spettatore con la solidità di due sculture policrome, poggianti su di un terreno calcareo e scheggiato che li isola come un basamento oltre al quale si apre un paesaggio fantasmagorico, dove archi dalle chiavi di volta pericolanti inquadrano piane percorse da fiumi e punteggiate da costruzioni, impossibili edifici cupolati sorgono su rocce a strapiombo, una città turrita corona una sorta di acquedotto nato per orogenesi. Quasi a sottolineare il trionfo del cristianesimo sul mondo pagano, i santi sono circondati da rovine di edifici classici. I due pannelli facevano parte del polittico realizzato da Francesco del Cossa per la cappella di Floriano Griffoni in San Petronio a Bologna.
La cappella era dedicata a san Vincenzo Ferrer e la figura del santo spagnolo campeggiava nello scomparto centrale, ora alla National Gallery di Londra. Si trattava di un insieme straordinariamente innovativo, poichè ridisegnava in chiave rinascimentale la struttura di un polittico gotico, conferendole un assetto simile a un arco trionfale. Al suo interno le singole parti erano spazialmente connesse, suggerendo una sorta di portico, nel quale abitano i santi. L’unificazione era garantita dal paesaggio continuo, dal bastone dorato cui stanno appesi fili di perle in vetro rosso o trasparente, dal ricorrere di pilastri decorati a racemi. Da questi partono, a raccordarsi con la cornice ora perduta, aste dorate che misurano la profondità dello spazio in cui stanno le figure.
L’attuale restauro, che ha ripianato e consolidato la superficie pittorica, rende anche più agevole leggere la struttura luminosa: le due figure sono investite da luce diagonale che arriva da sinistra e grazie alle ombre portate rileva i gesti e misura le distanze, come il braccio di san Pietro a reggere il libro posto di taglio o l’addensarsi dell’ombra in basso a scandire la distanza dei pilastri. E la luce, con sottili pennellate chiare nitidamente stese, a restituire i volumi, per esempio nei panneggi, ma anche a far vibrare i riflessi e a differenziare le superfici (lo specchiarsi delle perle nel fregio della trabeazione, in prezioso porfido verde antico).
Si conferma dunque la qualità di capolavoro di un’opera appartenente alla piena maturità di uno dei maggiori pittori attivi nella seconda metà del Quattrocento. In essa la studiata impostazione prospettica si fonde con l’uso della luce per modellare le forme e la scioltissima capacità disegnativa. La tempera, ora più liquida ora piu corposa, restituisce i gesti naturali e vitali delle figurette sullo sfondo, l’agile immobilità della lucertola, la pelle rugosa del vecchio san Pietro, la convincente pienezza dell’agnello simbolico posto sul pastorale di san Giovanni, rendendo partecipe lo spettatore di una costruzione assai complessa anche dal punto di vista dei significati, che alludono alla lotta contro i Turchi e alla preparazione della crociata.
Emanuela Daffra