Sullo sfondo di un bel paesaggio collinare si stagliano le solide figure dei santi Pietro e Giovanni Battista, a figura intera e colti in atteggiamento di moderata compostezza.
I due dipinti facevano sicuramente parte di un polittico dove, al centro, avrebbero potuto fungere da protagonisti Cristo o una Madonna con il Bambino. La retorica impressa nella gestualità, paragonabile a una sorta di discorso figurato, lascia infatti presupporre un soggetto centrale “forte”, rappresentativo per la sfera sfera devozionale. Non sfugge, infatti, il volto pietoso e malinconico di Pietro che scivola verso il basso, con espressione scopertamente contemplativa, né lo sguardo di Giovanni che pare uscire dallo spazio fittizio della pittura, per coinvolgere e attirare il devoto nella dimensione spaziale del sacro.
I dipinti appartenevano alla collezione della nobile famiglia veneziana Manfrin e furono acquistati dal governo austro-ungarico per le Gallerie dell’Accademia di Venezia nel 1856. La scelta deve essere stata determinata dal contesto di rivalutazione del Moretto, avvenuta nell’Ottocento, come ci confermano alcune osservazioni critiche sui due dipinti, giudicati da Burckhardt “diligenti, di bella espressione”. Va però sottolineato come questo interesse rinnovato abbia determinato un risvolto negativo sul piano della storia conservativa, che ha reso i due dipinti oggetto di cattivi interventi di restauro.
Un restauro antico vide la trasformazione del formato in rettangolare, grazie al completamento degli angoli in alto, originariamente arcuati, con due inserti triangolari dipinti a olio. In questa occasione furono decurtati i supporti per alcuni centimetri lungo i margini verticali. Venne inoltre effettuata una pulitura molto pesante, che comportò la perdita delle velature finali del manto di Pietro e degli scuri. Ciò era avvenuto in conformità con il gusto ottocentesco, poco incline ad apprezzare i contrasti cromatici e l’accostamento violento di massimi scuri e massimi chiari, tipico di Moretto. Sollevamenti di colore resero necessario un altro restauro, a fine Ottocento, che determinò (con la stesura di una patina quanto mai inopportuna) una sgradevole tonalità verdognola.
Anche l’attuale intervento ha dovuto ovviare al problema del sollevamento dei pigmenti, sanato solo con l’asportazione definitiva di ben tre stati di patine e ridipinture, tolti i quali è apparsa una pittura solida e un supporto molto stabile. Ripristinati i livelli pittorici originali, il restauro ha infine consentito il recupero di una straordinaria luce fredda e argentea, caratteristica della pittura originaria.
Redazione Restituzioni