Numerosi testamenti, con i quali si lasciavano denari per le vetrate delle chiese, documentano la fortuna dell’arte locale del vetro all’Aquila tra tardogotico e Rinascimento. Di tali vetrate, un tempo diafane e brillanti placche di colore nella massiva e austera opacità dell’architettura ecclesiastica romanico-gotica, se ne conservano solo tre, prodigiosamente scampate alla furia dei terremoti. Delle due più antiche, raffiguranti rispettivamente San Flaviano (prima metà del XV secolo) e San Pietro Celestino (seconda metà del XV secolo), è documentata la provenienza dalla chiesa di San Flaviano. Quella esposta in mostra faceva parte probabilmente di un ciclo dedicato ai dottori della Chiesa, originariamente ubicato, con ogni probabilità, nella chiesa di San Domenico.
Entro una nicchia verde, fiancheggiata da colonne marmoree con capitelli dorati, san Girolamo è rappresentato a figura intera, in posizione eretta e frontale, nelle sembianze di un vegliardo dalla lunga barba canuta. Gli attributi iconografici sono quelli tradizionali: il manto e il copricapo a tesa larga rosso porpora lo identificano come cardinale; il leone disteso ai suoi piedi allude a un episodio narrato dalla Legenda Aurea di Iacopo da Varazze, secondo la quale il santo era sempre seguito da un leone, che aveva guarito da una spina conficcata in una zampa; il libro foderato di azzurro tenuto nella mano destra è quello della Sacra Scrittura, da lui tradotta in latino, mentre il modellino sorretto dalla mano sinistra, in cui si riconosce la chiesa aquilana di San Domenico, simboleggia l’Ecclesia Universalis, cui il santo ha dato sostegno con la sua opera di teologo e di traduttore ed esegeta biblico. La lunetta triloba è decorata da un cherubino rosso. La particolare declinazione del soggetto iconografico ha un precedente tardo quattrocentesco nel San Girolamo dipinto su un pannello laterale di uno dei cosiddetti ‘polittici crivelleschi’, proveniente dal convento di Sant’Angelo d’Ocre e oggi nelle raccolte del Museo Nazionale d’Abruzzo.
Il nome riportato dall’iscrizione è probabilmente quello del maestro vetraio, i cui modelli vanno plausibilmente ricercati nella pittura aquilana coeva, o forse fra le incisioni, già all’epoca largamente diffuse. I tratti del volto del santo, segnato da profonde ed espressive rughe e incorniciato dalla folta barba bianca resa con lunghe pennellate sinuose, richiamano da presso, anche negli effetti di chiaroscuro, il San Girolamo nello studio affrescato dal Ghirlandaio nella chiesa fiorentina di Ognissanti. I modi del pittore fiorentino ebbero all’Aquila un tardo epigono, non privo di originalità e di inventiva, nell’autore dell’Adorazione dei pastori pervenuta al Museo Nazionale d’Abruzzo dalla cappella del Santissimo Sacramento nella cattedrale. All’ambito di tale artista, tradizionalmente identificato, sulla testimonianza di un atto notarile del 1537, con Giovanni Antonio da Lucoli, documentato tra il 1508 e il 1539, può forse ascriversi il cartone della vetrata.
Mauro Congeduti
Foto chiesa di San Domenico : Marco Congeduti