La tela, firmata e datata sul lato destro, a metà altezza, proviene dalla collezione radunata dal principe Mattias de’ Medici (1613-1667), fratello del granduca Ferdinando II, nella villa di Lappeggi, presso Firenze. Mattias scelse, ancora giovanissimo, la carriera militare e venne designato al comando dell’armata medicea nella terza fase della Guerra dei Trent’anni, insieme al fratello Francesco. Nel 1632 raggiunse le truppe imperiali in Germania contribuendo in maniera decisiva alla vittoria nelle battaglie di Lützen e di Nördlingen, e nell’assedio di Ratisbona, in Baviera, dove però l’amato fratello Francesco morì di peste a soli vent’anni. Intorno al 1655 il principe, ormai avanti con l’età, accarezzò l’idea di vestire la porpora cardinalizia e moltiplicò le devote pratiche religiose. È ben comprensibile, dunque, come un dipinto d’intensa religiosità come questo San Francesco potesse incontrare il suo gusto e, certo, non gli fu estraneo il pensiero che il santo raffigurato portava lo stesso nome del fratello prediletto Francesco, prematuramente scomparso, con cui aveva condiviso le scelte più importanti. L’opera, con la raffigurazione in primo piano del teschio nelle mani del santo, costituiva evidentemente non solo un forte memento mori, spingendo a una profonda riflessione sulla caducità del destino umano, ma invitava anche alla meditazione escatologica sul compimento del tempo nella vita futura.
Alla morte di Mattias il dipinto venne inviato nella guardaroba generale a palazzo Vecchio e nel 1688 passò nella camera da letto nell’appartamento del granduca Cosimo III in palazzo Pitti. Il San Francesco in meditazione figura, poi, nella sala di Giove della nascente Galleria Palatina nel 1782. L’assegnazione dell’opera a Ribera, che compare nell’incisione del calcografo regio Luigi Bardi (1837), sarà poi regolarmente mantenuta nelle guide della galleria.
Negli anni Quaranta del Seicento la fama del pittore spagnolo a Firenze appare sempre più consolidata, grazie anche all’arrivo di opere di Ribera raffiguranti mezze figure di apostoli e santi, del genere appunto del San Francesco in meditazione di Pitti. Non stupisce che il San Francesco – che appare contraddistinto da una grande bellezza pittorica e da una qualità altissima – abbia sempre goduto di un particolare apprezzamento. Anche la critica moderna è concorde a ritenere che il dipinto sia una delle versioni più riuscite nell’ambito della produzione di figure di santi a mezzo busto del pittore spagnolo.
L’opera, già sottoposta a un intervento di rifoderatura nel 1970, che aveva provocato un leggero schiacciamento del colore, risultava fortemente alterata nei suoi valori cromatici a causa della presenza di diversi strati di vernici e sostanze cerose; erano evidenti, inoltre, alcuni sollevamenti della pellicola pittorica e numerosi ritocchi alterati. È subito apparsa prioritaria l’operazione di consolidamento degli strati pittorici. Parallelamente si è palesata la necessità di restituire all’immagine i valori cromatici originali, liberandola gradualmente dai materiali di restauro soprammessi nei secoli. Il restauro ci ha davvero ‘restituito’ un capolavoro degli anni maturi di Ribera. Attraverso il recupero della cromia originale, grazie alla sapiente pulitura condotta da Anna Teresa Monti, la tela risalta in tutta la sua sostenuta bellezza pittorica e, nella sintesi efficacissima di resa fedele del dato naturale e di preziosità di stesure cromatiche, perviene in ultima analisi a straordinari esiti d’intensità comunicativa.
Fausta Navarro
Foto del dipinto: Claudio Giusti