Protagonista della pala è san Francesco di Paola, ripreso a figura intera secondo l’iconografia tradizionale, con il saio marrone dei francescani, il bastone nodoso del pellegrino, il rosario nella mano, il libro sacro appoggiato per terra che si offre alla lettura dello spettatore esterno.
Il santo è colto da una potente illuminazione spirituale, rappresentata dall’apparizione in alto di un gruppo di angioletti che si confondono fra le nubi addensate recando un grosso disco luminoso. Sulla destra, alle spalle di una roccia che occupa il primo piano, il paesaggio è segnato dalla sagoma di un fragile pino marittimo che si staglia sul biancore marmoreo della facciata di un edificio classico: dettagli compositivi che, assieme alla quinta architettonica a sinistra, evidenziano la ricchezza del linguaggio pittorico di Giambattista Tiepolo.
Pur in assenza di una documentazione diretta, l’opera può essere datata intorno al 1738-39, grazie al recupero del materiale documentario relativo all’altare cui era stata destinata, nella chiesa veneziana di San Beneto (San Benedetto e Santa Scolastica), realizzato proprio in quel torno di tempo. La critica non è mai stata particolarmente benevola nei confronti della pala, poiché era già stata danneggiata da un infelice restauro settecentesco.
Solo di recente, grazie all’ultimo intervento conservativo, è stato possibile riconoscere il vivace naturalismo espressivo e il sapiente luminismo caratteristici del linguaggio formale tiepolesco.
Il dipinto è stato oggetto di incauti restauri passati che ne hanno danneggiato la superficie pittorica: effetti ulteriormente aggravati da recenti infiltrazioni di acqua meteorica, in corrispondenza dell’altare in cui la pala si trova collocata.
In occasione dell’ultimo restauro si è deciso di applicare una doppia rifoderatura, al fine di consolidare il colore e offrire una base più stabile e consistente al dipinto. Si è poi proceduto con la pulitura, volta alla rimozione dello spesso strato di vernici opache e ossidate accompagnata da lievi ritocchi pittorici, dal risarcimento delle piccole lacune e dalla stesura delle vernici protettive. Il risultato più sorprendente è legato proprio a questo secondo momento del restauro, che ha consentito di recuperare lo smagliante luminismo neo-cinquecentesco che rappresenta il tratto stilistico principale dell’opera.
Redazione Restituzioni