Protagonista della pala è san Raffaele arcangelo che, avvolto in una veste color arancio e un morbido mantello rosato, ci sorprende con uno splendido paio di ali multicolori. Lo fiancheggiano, a sinistra, l’umile Cristoforo con il piccolo Gesù Bambino sulle spalle, con in mano la sfera celeste secondo la tipologia del Salvator mundi; a destra il giovane Tobia, associato tradizionalmente a Raffaele e al suo immancabile attributo: il grosso pesce in primo piano. I tre stanno su uno spiazzo verdeggiante, che occupa circa i tre quarti della superficie dipinta, segnato dal profilo di una città turrita che si staglia sullo sfondo azzurrino del cielo. Colpisce nell’insieme l’aspetto monumentale e massiccio delle figure, evidenziato dalla riduzione subìta dalla tela, in origine caratterizzata da uno sviluppo verticale più accentuato.
La critica propende per assegnare l’opera non a un unico artista ma a un gruppo di collaboratori, riscontrando negli elementi di discontinuità una compresenza di mani, evidente ad esempio nel contrasto fra l’accurata resa dei volti e la sommarietà che invece caratterizza il paesaggio.
Si tratta, di fatto, di un’opera di bottega – di quella laboriosissima bottega di Gaudenzio Ferrari – in cui risulta difficile isolare le parti autografe dagli interventi dei collaboratori. Fra questi è stata ipotizzata la presenza di Giovan Battista Della Cerva, il cui contributo sarebbe visibile nelle fisionomie di Cristoforo e Tobia e nell’utilizzo di una gamma cromatica vivace e squillante. In ogni caso, l’impostazione monumentale e la ricchezza dei panneggi riconducono l’opera sotto la supervisione del maestro, che vi lasciava quindi impresso una sorta di “marchio di fabbrica”.
Il restauro si è rivelato assolutamente indispensabile, considerato il pessimo stato di conservazione in cui l’opera versava. Un intervento di primo Novecento aveva notevolmente danneggiato la tavola, con l’applicazione sul retro di regoli scorrevoli (parchettatura), diretti a correggere le deformazioni del supporto ligneo. Il nuovo sostegno risultava troppo rigido per contenere i naturali movimenti del legno, causando cadute di colore e microsollevamenti.
Si sono dunque resi necessari la rimozione della parchettatura, sostituita da un più opportuno sistema di sostegno; il risanamento delle profonde fenditure con l’inserzione di tasselli lignei; la disinfestazione del legno, attaccato dai tarli, nonché una rigorosa pulitura e un’operazione di consolidamento del colore. Si è poi proceduto con il risarcimento di alcune lacune, la reintegrazione pittorica e la verniciatura finale, in modo da restituire all’opera la sua vivace qualità cromatica e recuperare una più corretta lettura dei dettagli iconografici.
Redazione Restituzioni