Dall’Egitto a Bologna
Il rilievo con immagine del dio Heh fu esposto al pubblico per la prima volta presso il Museo Civico di Bologna nel 1961 in occasione della mostra L’Egitto antico nelle collezioni dell’Italia settentrionale (31 ottobre – 31 dicembre 1961), a cura di Silvio Curto. Era stato acquistato da Giampietro e Bianca Puppi durante un soggiorno al Cairo nel periodo delle festività natalizie 1960-1961.
Dai documenti redatti dall’Ufficio Esportazione di Oggetti d’Arte della Direzione Generale Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione si apprende che l’opera fu spedita da Alessandria l’11 marzo 1961 sulla nave Esperia della Compagnie Orientale des Pétroles d’Égypte con destinazione Genova. Nella Dichiarazione di Importazione Definitiva stilata a Bologna il 15 maggio 1961 fu constatata l’autenticità del rilievo e confermato il valore dichiarato di 100.000 lire. La famiglia Puppi entrò così legittimamente in possesso dell’acquisto fatto al Cairo, previo il pagamento di una imposta di 5935 lire.
Il frammento lapideo giunse a Bologna mentre fervevano i preparativi della prima mostra dedicata alla civiltà egizia dal Museo Civico. Una lettera del 14 ottobre 1961 di Rosanna Pincelli, allora direttrice del museo, ne ufficializza la richiesta di prestito oramai a ridosso dell’inaugurazione, tanto da farle dichiarare di avere già inserito l’opera nel catalogo confidando nella disponibilità al prestito manifestata da Puppi in precedenza.
A distanza di mezzo secolo, nel 2012, la famiglia Puppi ha generosamente ceduto il rilievo al museo in memoria di Giampietro e Bianca, perpetuando così una tradizione cittadina di donazioni che ha reso ricca e prestigiosa la collezione egizia di Bologna. La sua esposizione temporanea all’esterno dell’abitazione Puppi, da stimare in alcuni anni tra il 1963 e il 1974, in associazione allo stato conservativo dell’opera all’arrivo a Bologna, hanno indotto il museo a effettuarne il restauro.
Il rilievo con immagine del dio Heh
Questo frammento parietale in calcare (inv. MCABo EG 3711: 25 × 73 × 7 cm) proviene da un tempio egizio non ancora identificato e mostra solo parte di una scena più grande scolpita a incavo. Vi sopravvive la parte superiore della figura di Heh, una divinità nota sin dall’Antico Regno, che rappresenta il concetto di moltitudine e di infinito.
Il dio indossa un ampio pettorale, una barba ricurva e una parrucca dalle fitte ciocche, sormontata da ciò che rimane di un disco solare sorretto da un ramo di palma. È rivolto a sinistra e solleva le braccia all’altezza delle spalle, tenendo in ogni mano un ramo di palma renepet (“anno”). Un segno ankh (“vita”), inclinato verso la testa del dio, è posto nella giunzione tra il ramo di palma e ciascun pugno del dio per sostenere un cartiglio, del quale sopravvive solo la parte inferiore. Il cartiglio a sinistra, sebbene molto danneggiato, permette di identificare gli ultimi due geroglifici del nome di intronizzazione di Tolemeo II Filadelfo (285-246 a.C.), secondo sovrano della dinastia di origine macedone che assunse il potere in Egitto dopo Alessandro Magno.
Tutti gli elementi che definiscono l’iconografia del dio, a partire dalla sua stessa figura che ha il valore semantico di “milione”, rimandano ai concetti di tempo e di moltitudine, di vita, di dominio e di durata. L’associazione ai cartigli di Tolemeo II sembra tradire l’aspirazione del sovrano a un perpetuo rinnovamento del potere, della legittimità, della forza e della vita, più che il concetto di infinito o infinità di tempo e spazio, che comunque connotano il dio.