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    Reperti archeologici romani in vetro

    Data: Fine del I secolo a.C. – III secolo d.C.
    Tecnica/Materiale: Vetro; soffiatura; soffiatura a stampo; colatura entro stampo e molatura; canne preformate di vetro policromo traslucido disposte nel senso della lunghezza oppure sezionate, fuse insieme in uno stampo e successivamente molate; fusione
    Dimensioni: varie
    Provenienza: Altino, necropoli N-E della via Annia; necropoli della strada di raccordo; necropoli della strada per Oderzo; area nord della città, presso il fiume Sile; necropoli S-O della via Annia; area urbana; rinvenimenti sporadici e scavi tra il 1953 e il 1981
    Collocazione: Altino (Venezia), Museo Archeologico Nazionale
    Edizione: Restituzioni 1994
    Autore scheda in catalogo: Margherita Tirelli
    Restauro: Corinna Mattiello
    Ente di Tutela: Soprintendenza Archeologica del Veneto

    Il vetro si fa liquefare come il rame in una serie di fornaci contigue e si formano lingotti nereggianti  di colore lucente. […] Dopo essere stato ridotto in lingotti si fonde di nuovo nelle officine e si tinge: alcuni pezzi sono plasmati a fiato, altri sagomati al tornio, altri cesellati come l’argento. Plinio, Historia naturalis

    Scheda breve

    Il gruppo di reperti è composto da 46 manufatti, realizzati in vetro di diverso colore, azzurro, verde, verde-azzurro, blu, turchese, giallo, bianco opaco, marrone, viola; altri sono a mosaico policromo e altri incolori. Il corpus comprende una vasta tipologia di oggetti: 4 olle (di cui 3 con relativo coperchio) e un grande boccale, recipienti per uso domestico impiegati nel rito funebre come ossuari; 9 tra coppe e coppette, alcune di fattura particolarmente preziosa e raffinata; un piattino; 2 anforette; un aryballos, piccola bottiglia che veniva portata appesa alla cintura con una catenella fissata tra le anse; una bottiglia mercuriale, così chiamata dal marchio di fabbrica, rappresentante il dio Mercurio, che la maggior parte degli esemplari reca sul fondo; 21 balsamari, contenitori per sostanze profumate e unguenti, usati sia nella toilette quotidiana che durante il rituale funebre; un’ampolla; 2 olpe (brocche); un guttus, bottiglia con beccuccio usata come contagocce; un bastoncino, impiegato probabilmente per mescolare liquidi o amalgamare profumi e unguenti; infine una pallina, che doveva avere funzione ornamentale.

     

    I reperti sono riferibili a un arco di tempo che, dal I secolo a.C., giunge fino al III secolo d.C. La più vasta diffusione in Italia di manufatti vitrei risale alla fine del I secolo a.C., avvenuta a seguito di quella fondamentale rivoluzione tecnologica, verificatasi in Siria o in Fenicia verso la metà del secolo, che si basava sulla possibilità di soffiare il vetro mediante una canna metallica (mentre, fino a tale data, il vetro veniva lavorato seguendo processi lenti e complessi). A seguito dell’introduzione della tecnica della soffiatura, numerose e nuove vetrerie romane, in concorrenza con quelle alessandrine, cominciarono a produrre oggetti in vetro a basso costo e accessibili a tutte le fasce sociali. Tra i centri di produzione della Venetia vi era Altino, a cui appartengono i manufatti in esame, provenienti quasi esclusivamente da contesti tombali o comunque da aree di necropoli.

     

    I reperti presentavano le forme di degrado peculiari del vetro, quali una leggera opacizzazione superficiale dovuta a cause meccaniche (abrasioni e graffiature) e il caratteristico aspetto iridescente dovuto a fenomeni di alterazione superficiale. I reperti erano ricoperti da incrostazioni terrose miste a concrezioni calcaree-silicee. Alcuni vetri si presentavano frammentati e lacunosi. Altri, nel corso di precedenti interventi, erano stati incollati accostando in modo impreciso i frammenti e impiegando adesivi non adatti. I pezzi precedentemente assemblati sono stati smontati usando acetone. Per la pulitura si sono impiegati tamponi di acqua deionizzata e tensioattivo, bisturi e tamponcini di alcool. Come consolidante è stata utilizzata resina acrilica. I frammenti sono stati assemblati prima con nastro adesivo e gocce di colla cianacrilica, poi con resina epossidica. Con la stessa resina epossidica, opportunamente colorata, sono state eseguite le integrazioni, ricorrendo a controforme.

     

    Redazione Restituzioni

    Le fasi del restauro

    Dopo
    Dopo

    Olle-ossuari, dopo il restauro

    Approfondimenti

    Restituzioni '94

    Opere restaurate, a cura di Fernando Rigon, Vicenza 1994

    Relazione di restauro

    Altre opere dell'edizione

    arredi e suppellettili

    Base tripode di candelabro

    scultura

    Doppia erma femminile (Igea?)

    tessuti

    Piviale dei pappagalli

    Manifattura siciliana

    oreficeria

    Oggetti liturgici medievali in argento - Calamaio, ora vaso crismale

    Orefice bizantino

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