Da un punto di vista tipologico la stauroteca lateranense si colloca tra gli oggetti più antichi della sua categoria, in posizione intermedia tra le croci d’altare di tradizione bizantina e quelle pettorali di produzione palestinese.
Troppo pesante per essere indossata e troppo piccola per essere portata in processione, la croce era riservata alla fruizione ristretta dell’entourage lateranense, ovvero all’ostensione processionale in occasione di calamità, festeggiamenti o altre ricorrenze particolari.
La struttura del reliquiario si compone di un telaio cruciforme in rame dorato. Su una faccia si dispongono, entro incorniciature scandite da una perlinatura centrale, quattro lamine trapezoidali inglobanti al centro una quinta accennante a sua volta ai contorni di una croce. Le lamine sono decorate a smalto cloisonné. All’interno dei campi sono raffigurati sette episodi dell’infanzia di Cristo, disposti in ordine cronologico dall’alto in basso: l’Annunciazione; la Visitazione di Maria a Elisabetta; l’Adorazione dei Magi; la Fuga in Egitto; la Presentazione al Tempio; il Battesimo nel Giordano. Al centro la Natività. Il fianco della teca è decorato con 12 formelle lavorate a smalto in alveoli rapportati, contenenti un’iscrizione dedicatoria del tempo di Pasquale I. Una lamina cruciforme in rame dorato, recante al centro una croce sbalzata e cinta da un orlo che le corre intorno, chiude il reliquiario dal lato opposto. All’interno cinque alveoli metallici di forma quadrangolare contengono le particole per le quali il manufatto era famoso nell’antichità.
La croce smaltata è menzionata per la prima volta in un catalogo della metà del XII secolo redatto per ordine di Alessandro III.
Per quanto riguarda la datazione della Croce e la sua area di provenienza, l’attenzione degli studiosi si è appuntata sullo stile degli smalti e sulla loro tecnica esecutiva. Importante è anche l’iscrizione la quale, benchè di difficile decifrazione, restituisce al manufatto il sottinteso mariano della sua decorazione, e individua un Paschalis Episcopus il probabile committente della Croce.
Opinione ormai prevalente è che la Croce sia attribuibile al primo quarto del IX secolo. La presenza di tanti dettagli derivati dalla letteratura e dalla iconografia orientali potrebbero spiegarsi anche con un riutilizzo tardivo della stauroteca, creata in ambiente siro-palestinese tra la fine del VII e l’inizio dell’VIII secolo, e ridotta nelle forme attuali da qualche intervento di “restauro” o cambiamento di funzioni nella Roma del IX secolo. L’iscrizione in lettere latine, che pare incongruente con un oggetto di provenienza bizantina, potrebbe essere così riferita al riutilizzo della stauroteca da parte di Pasquale I.
Il reliquiario conserva tracce di danni e dissesti di notevole entità, tanto nelle componenti strutturali che in quelle decorative, soprattutto per quanto riguarda gli smalti. Una serie di analisi preliminari sono state necessarie per l’identificazione dei metalli impiegati, della composizione della massa vetrosa e delle sostanze estranee immesse all’interno del reliquiario e presenti anche nella sua sigillatura esterna. L’identificazione del rame dorato come componente metallico per l’alloggiamento degli smalti è indizio importante per l’individuazione dell’area di produzione del manufatto. È infatti soprattutto diffuso alla periferia dell’Impero (Siria setentrionale) dove maggiore era la disponibilità di questo materiale.
Sono state rimosse le sostanze di deposito presenti sugli smalti tramite tamponi e impacchi di acetone. Le zone nelle quali il vetro sembrava decoeso o non più aderente al supporto metallico sono state consolidate. Con il bisturi a caldo si è poi proceduto all’asportazione degli strati di unguenti, resine e cere che costituivano la sigillatura posteriore del manufatto. Ciò ha permesso di estrarre la lamina cruciforme incassata all’interno del reliquiario e di procedere alla pulitura del lato interno, fortemente ossidato, tramite un bagno in Sali di Rochelles (tartrato di sodio e potassio) al 30% in acqua deionizzata, risciacquo e disidratazione. LE cere sono state rimosse dalle superfici metalliche mediante solventi come la trielina o il diluente nitro. Gli smalti, già precedentemente puliti, sono stati consolidati. Gli alveoli metallici di contenimento dei colori, molto corrosi, sono stati puliti a bisturi e protetti con Paraloid B72, così come tutte le superfici in rame dorato.
Redazione Restituzioni