Nel piccolo la rappresentazione del grande. Potrebbe intitolarsi così la scheda di questo manufatto, che in realtà è esemplare di un tipico modo di concepire tali strumenti liturgici. Gli oggetti non sono mai solo la loro funzione, ma assumono una valenza simbolica, portano in sé la figura di qualcosa che va oltre il loro utilizzo e insieme lo giustifica.
Ecco dunque un tempietto che funge da reliquiario, su fusto e piede ottagonali, a terminazione lobata. Il fusto, al cui centro si trova un nodo schiacciato a otto punte con facce lisce, è decorato con incisioni romboidali e floreali alternate. La teca, slanciata, ha caratteristiche di edicola gotica, con sporgenze pronunciate e agili rientranze. Un ‘giro’ di finestrelle con cuspide, entro cornici di forma ogivale e dalla terminazione lobata, percorre il perimetro del tempietto, con guglie e pinnacoli di gusto architettonico e colonnine tortili. Sul coperchio ottagonale, sottilmente inciso, fori decorativi profilati a quadrilobo simulano la presenza di lucernari sugli spioventi di un tetto.
L’analisi stilistica e strutturale dell’oggetto presenta alcuni motivi di particolare interesse. Secondo le descrizioni di fine Ottocento infatti la suppellettile era dotata di una teca per l’esposizione dell’ostia. Il tempietto, nato forse come ostensorio in un momento di dilagante affermazione dell’adorazione eucaristica, deve aver subito una modifica strutturale in seguito alle rigide direttive del Concilio di Trento. Alcune delibere infatti prescrivevano la sostituzione delle vecchie forme architettoniche con le nuove forme raggiate: la categoria tipologica di riferimento dell’oggetto in esame quindi non fu più riconosciuta come utile alla propagazione del culto. Ecco il motivo per cui la vaschetta in argento alla base della teca non contiene più la lunetta per la presa dell’ostia di cui era verosimilmente dotata. L’uso dell’ostensorio quale strumento liturgico di devozione al Santissimo era venuto affermandosi nel corso del XIII secolo grazie al riconoscimento, da parte del IV Concilio Lateranense, della dottrina della transustanziazione (1215) e al divieto sancito dal Sinodo di Parigi dell’innalzamento dell’ostia durante il rito della consacrazione (1205-1208).
Il reliquiario si presentava in discrete condizioni conservative, ma l’insieme delle superfici era interessato da diffusi fenomeni di ossidazione aggravati dall’assottigliarsi della doratura in corrispondenza dei punti di presa. Depositi di sporcizia e particole incoerenti si annidavano nelle parti meno accessibili dell’architettura, ostacolandone la lettura e condizionando l’apprezzamento d’insieme del manufatto. Dopo uno studio preliminare accompagnato dalla relativa indagine fotografica, la suppellettile è stata smontata, quindi sottoposta a bagni di sgrassaggio e a immersione in sali di Rochelle. Successivamente, si è dato corso a una pulitura meccanica con bicarbonato di sodio seguita da una rifinitura a impacchi, con solventi chetonici. Dopo il rimontaggio, l’intera superficie è stata protetta con vernice nitrocellulosa per rallentare la naturale alterazione del metallo.
Redazione Restituzioni