Il recente restauro del grande polittico di Vittore Crivelli,realizzato nell’ambito di Restituzioni e condotto mirabilmente da Melissa Ceriachi e Paolo Roma, è da credere che abbia posto fine alla lunga serie di manomissioni, alterazioni cromatiche, manipolazione delle tavole di supporto patite dall’opera con molta probabilità a partire dalla seconda meta del Settecento, quando venne trasferita dall’altare maggiore per essere posizionata sulla parete sinistra del coro a seguito del rinnovamento della chiesa dei Minori Osservanti, fino al 1961, anno in cui è documentato l’ultimo ripristino prima di essere trasportata alla mostra veneziana su Carlo Crivelli e i crivelleschi. Quali siano state le cause dei numerosi interventi non c’è dato di conoscere. I documenti a noi noti non aiutano, infatti, a comprendere il motivo di tante azioni che, come detto, sono state dannose e in alcuni casi irreversibili. Mi riferisco, in particolare, alla cancellazione della forma di gradino aggettante che doveva avere la predella con le Storie del Battista, alla mancanza delle traverse originali della carpenteria, alla perdita delle cornici dei quattro scomparti dell’ordine superiore; alla consunzione dell’oro delle paraste e pilastrini della cornice, dei fondi dorati e all’evidente riduzione dell’originale film pittorico. L’odierno restauro ha risanato il grandioso polittico dal degrado causato dagli attacchi di insetti xilofagi, ha consolidato i supporti della struttura lignea e delle cornici, ha colmato le lacune con un intervento di integrazione pittorica, ristabilendo gli esatti rapporti dei fondi oro e cromatici nei valori originali cosi come erano stati dipinti dal veneziano Vittore Crivelli.
Naturalizzato in terra della Marca Fermana tra il 1478-1479, Vittore, nato e formato come artista a Venezia e poi aggiornato con espressioni artistiche di formazione padovana-dalmata a Zara, fratello minore del piu noto Carlo, porta con sè un retaggio culturale denso di cultura veneta appresa da Paolo Veneziano, Antonio e Bartolomeo Vivarini e da Giovanni Bellini, ponendosi in terra marchigiana tra i principali fautori di quel ≪Rinascimento adriatico≫ alternativo, così definito da Pietro Zampetti, insieme al fratello Carlo e a pittori come Giorgio Chiulinovich, detto lo Schiavone, e Nicola di Maestro Antonio da Ancona.
Ritenuto dalla critica ottocentesca come opera del fratello Carlo per Alessandro Ricci e per Alessandro Maggiori come opera di Crivelli (senza precisare a quale dei due fratelli, Carlo o Vittore, si riferisse), il polittico fu rivendicato dall’ultimo decennio dell’Ottocento a Vittore da Giulio Cantalamessa, seguito poi coralmente dagli studiosi successivi. Articolato entro un programma iconografico controllato verosimilmente dalla committenza francescana come lascia intuire anche la sua provenienza, dall’antico monastero delle Clarisse passo poi nella chiesa dei Minori Osservanti dove rimase fino al 1861. Il polittico, realizzato indicativamente intorno al 1480 per Crocetti, tra il 1482 e il 1485 per Francesca Coltrinari, nel 1489 o di poco anteriormente per Sandra Di Provvido, è stato definito da Stefano Papetti una delle opere migliori di Vittore Crivelli.
Impreziosita da una cornice di gusto tardo gotico, l’opera è composta da dodici pannelli disposti lungo due ordini e da una predella con sei formelle. Al centro di quello inferiore e il tema dell’Incoronazione della Vergine, dove è raffigurata la Vergine seduta a fianco di Cristo che le sta ponendo la corona tempestata di pietre in capo; entrambi sono avvolti da cherubini che racchiudono il gruppo divino in una mandorla simboleggiante il cielo. Molto bello è il volto del Cristo per la finezza dei dettagli fisiognomici in contrasto con il rosso dell’abito che indossa, dalla chiara allusione al sacrificio eucaristico per la salvezza di tutti gli uomini. Altrettanto bello è anche il volto della Madonna che, seppure innalzata al cielo e incoronata, ha lo sguardo rivolto verso il basso come a suggerire il senso di redenzione degli uomini grazie al suo senso protettivo. Indossa un manto con disegni a losanghe racchiudenti dei piccoli soli, ha le mani ripiegate sul petto; con quella di sinistra tiene il bordo dell’abito disteso per mostrare un grande sole effigiato nella spalla destra, dall’esplicito riferimento ≪alla donna ravvolta dal sole≫ dell’Apocalisse (12,1) nella sua missione di maternita salvifica che si esplicita nel suo innalzamento verso il trono divino. Sopra le due immagini divine una colomba bianca con l’aureola dorata simboleggiante lo Spirito Santo a testimoniare l’avvenuta glorificazione. Sul fondo la trama di una tenda dai ricami damascati con ai lati frutti simbolici a rappresentare ≪quasi la firma crivellesca≫ (Sandra Di Provvido).All’estema sinistra stra della Vergine è posto un santo francescano, San Bonaventura da Bagnoreggio, canonizzato da Sisto IV nel 1482, con il cappello cardinalizio, il libro sacro aperto, il bastone con la croce, la mitria, l’albero della redenzione e il piviale ornato da un stola con riquadri a edicole, entro le quali si ravvisano santi del medesimo ordine; piviale i cui lembi sono tenuti insieme da un grosso fermaglio con l’immagine di una testa di cherubino in oro sbalzato. Segue San Giovanni Battista, rappresentato secondo l’iconografia più tradizionale con un povero abito da eremita che stringe nella mano sinistra una croce con il tipico cartiglio avviticchiato, con caratteristiche fisiche – in particolare il viso – che rinviano al medesimo santo raffigurato dal pittore sia in un pannello del dipinto della collezione Wilstach di Filadelfia, sia nel polittico della Walters Art Gallery di Baltimora. Sulla destra, a lato della Vergine, San Francesco con il libro in mano e il crocifisso, colto nell’attimo in cui riceve nel proprio corpo i segni visibili della Passione di Cristo. Sul fondo, in basso a destra, un muro in marmo, nella cui sommità poggiano un bianco flagello a cinque nodi e un mazzo di rose bianche e rosse col riferimento alla maternità di Maria e alla particolare devozione mariana dell’ordine dei francescani. Chiude questo primo ordine centrale del polittico l’ultimo scomparto di destra con un giovanissimo San Ludovico da Tolosa, canonizzato da papa Giovanni XXII nel 1317, dallo sguardo rivolto alla Vergine. Indossa uno splendido piviale ornato di gigli angioini contornato da un’altrettanto splendida stola percorsa da riquadri dove vi sono raffigurati santi francescani, tra i quali sono facilmente individuabili santa Chiara e san Lorenzo, racchiusi entro eleganti edicole gotiche. Ha in testa la mitria cardinalizia e in una mano il libro finemente dettagliato nei particolari, nell’altra il bacolo pastorale. Al centro dell’ordine superiore vi è un importante trittico aggettante, nel cui pannello centrale è raffigurato un Cristo in Pietà dalle braccia raccolte e coperto dal solo perizoma, in piedi fuori dal sepolcro, di certa derivazione dai modelli del fratello maggiore Carlo, reso da Vittore superbamente realistico sia nel costato sanguinante che nel volto sofferente. Lo affianca , a sinistra, la Vergine Addolorata, fissata abilmente dal pittore nei suoi gesti di grande dolore per la morte del figlio dopo atroci torture. Sulla destra e un giovane San Giovanni evangelista colto con mani giunte nell’atto della preghiera. Il giglio e il libro che ha in mano e che sta per aprire sono, invece, gli attributi di Sant’Antonio da Padova, collocato nella prima tavola a sinistra, ≪colto in atteggiamento partecipe […] che lo rende una delle raffigurazioni piu delicate che Vittore abbia mai realizzato di questo santo≫ (Sandra Di Provvido). Al suo lato, l’immagine di Sant’Elpidio patrono della citta, che Vittore rappresenta come un giovane cavaliere aristocratico, esattamente come lo aveva indicato Giacomo di Nicola da Recanati nelle otto tavole con le Storie di sant’Elpidio oggi al Musee des Beaux Art di Parigi, conservate un tempo nella collegiata della cittadina picena. Il santo indossa una giornea rossa attraversata da una bandoliera gialla su cui poggia una pesante collana dal fitto ricamo in oro con un pendente al centro. Ha in una mano un bastone con un vessillo bianco e rosso, mentre nell’altra tiene un modello con la veduta della città di cui è patrono e che costituisce, come suggerisce la Di Provvido, una fotografica e veritiera rappresentazione della cittadina di Sant’Elpidio con le maggiori emergenze architettoniche del XV secolo. Si distinguono con precisione, infatti, la porta Marina, rifatta nel 1789, la collegiata, identificabile dal finestrone tondo della navata maggiore poi cancellato con l’aggiunta del coro realizzato nel XVII secolo e, infine, la torre comunale, prima che venisse riformata per adattarvi la cella campanaria. Alla figura di Sant’Elpidio, dall’innegabile finezza psicologica è di qualità rispetto alle altre immagini del polittico, si contrappone la figura della Maddalena, del primo pannello a destra, dal volto quasi privo di grazia femminile, con in una mano l’ampolla di unguento e nell’altra un libro. La segue un San Bernardino da Siena dai lineamenti emaciati, che rivolge lo sguardo ai fedeli mostrando il monogramma bernardiniano racchiuso in un ovale, che si ripete identico nella sovraccoperta del libro che stringe tra le mani. Nella predella, disegnata da Vittore con diligente cura e attenta prospettiva architettonica, sono rappresentate sei Scene della vita di san Giovanni Battista, la cui scelta, secondo Luigi Pallotta, fu dovuta alla gratitudine dei committenti francescani per le suore benedettine, che avevano ceduto il loro antico convento entro le mura di Sant’Elpidio al beato Giacomo della Marca e intitolato la loro nuova chiesa a San Giovanni. In questa predella, racchiusi entro riquadri ad arco ribassato, sono rappresentati episodi della vita del santo dai colori freschi e leggeri privi della solita meticolosa attenzione descrittiva di visi, stoffe e decori tipici dell’arte di Vittore; da sinistra verso destra, troviamo quindi: la Nascita del Battista, la Circoncisione di san Giovanni Battista, la Visita della Vergine a Elisabetta e Zaccaria, il Commiato della Vergine da Elisabetta, San Giovanni Battista nel deserto, San Giovanni Battista predicatore.
Claudio Maggini