La pisside è stata recuperata ad Altino poco prima del 1956. Il contesto di rinvenimento è però ignoto. Il manufatto è ricavato da un blocco d’ambra di forma ovale di colore rosso-arancio scuro, omogeneamente opaco. La cavità interna e le incisioni concentriche sul fondo sono state ottenute con l’uso del tornio. La superficie esterna è decorata con la rappresentazione ad altorilievo di tre eroti o amorini vendemmianti, e a bassorilievo di foglie, vigna, cesto e tino. Il primo putto è colto nell’atto di staccare un grappolo d’uva dalla vigna; il secondo regge sulle spalle, con entrambe le mani, un grande canestro conico ricolmo d’uva; il terzo vuota il canestro, capovolgendolo completamente al di sopra di un tino. I tre amorini sono tradotti secondo un linguaggio corsivo, con i volti appena sbozzati, ma con il piumaggio delle ali reso minutamente. La superficie della pisside è liscia, leggermente bombata. Il margine superiore è sottolineato da una solcatura, mentre dal fondo, di forma irregolare, si stacca un disco rilevato che forma un breve piede.
In età romana all’ambra, oltre ad una particolare importanza, veniva attribuita anche un’origine mitologica. La preziosa resina fossile si sarebbe formata dalle lacrime delle Eliadi, trasformate in pioppi dopo che Giove aveva ucciso il loro fratello Fetonte per aver imprudentemente voluto guidare il carro del Sole. Mitologia e indicatori archeologici convergono concordemente verso l’area altoadriatica, dove fin dalla preistoria sono documentati la lavorazione, lo smistamento e il commercio dell’ambra. Aquileia era il principale centro di lavorazione di questo materiale. All’ambra gli antichi attribuivano poteri quasi misteriosi come il magnetismo, oltre alla particolarità del profumo. Si trattava comunque di un prodotto di esclusiva destinazione femminile. La rara pisside altinate si inquadra sicuramente all’interno della produzione delle officine aquileiesi, che derivarono spunti iconografici e motivi decorativi dall’arte ellenistica alessandrina.
A causa delle precarie condizioni del manufatto l’intervento è stato particolarmente cauto e limitato. Dopo una leggera pulitura con tamponcini inumiditi di acqua deionizzata, le precedenti integrazioni sono state rimosse con specilli e punte di bisturi sotto lenti di ingrandimento. Si è preferito non intervenire sul precedente restauro da un lato perché esso risultava ancora efficiente, dall’altro perché troppo rischioso, non essendo disponbile una documentazione relativa ai materiali impiegati. Dopo un leggero consolidamento con resina acrilica (Paraloid B72) in soluzione al 3% in acetone, applicato a pennello, le stuccature sono state eseguite con un impasto composto da polvere di vetro, silice micronizzata, resina acrilica al 30%, con l’aggiunta di colori a vernice per il restauro. Infine è stato applicato un leggero velo di cera microcristallina ad alto punto di fusione.
Redazione Restituzioni