Il manufatto è un paliotto, cioè il rivestimento di un altare, ovvero la decorazione del suo fronte, che può essere fissa, o, come in questo caso, mobile. Se ne conosce l’utilizzo fin dal IV secolo, mentre dall’XI si tende a rivestire solo la parte anteriore degli altari.
Era utilizzato ogni tipo di materiale: legno, avorio, metallo (spesso prezioso), cuoio, paglia, carta pressata, corallo, pietra, scagliola e, naturalmente, tessuto, dipinto o ricamato. Gli esemplari in tessuto sono i più rari fra quelli più antichi.
Il paliotto in esame, in origine, proteggeva e riparava nella quotidianità quelle formelle d’argento dell’altare della cappella del Santissimo Sacramento della Cattedrale di Ascoli Piceno, opera di maestranze abruzzesi del Trecento, facendo sì, fra l’altro, che quest’ultima scampasse alle requisizioni napoleoniche della fine del XVIII secolo.
Praticamente inedita fino alle analisi di Adriana Cipollini del 2010, l’opera è una preziosa testimonianza della presenza in Ascoli di raffinatissimi prodotti d’arte serica e risulta costituita da fasce figurate, a ricamo in seta e oro, riusando e adattando elementi appartenenti a parati liturgici databili alla seconda metà del XV secolo. Simili manufatti sono conservati presso raccolte d’arte sacra e musei, ma più note sono le rappresentazioni in opere di pittori del Rinascimento. Carlo Crivelli, pittore molto attivo ad Ascoli Piceno, documenta paramenti simili, figure abbigliate con piviali arricchiti da ricami figurati sugli stoloni, nel San Pietro del polittico di San Domenico di Ascoli, nel Sant’Emidio del polittico del Duomo di Ascoli, ma anche nel San Silvestro e nel San Lorenzo di Massa Fermana e nel San Pietro del polittico di Camerino.
Questi parati vedono all’opera artisti famosi che furono non solo creatori di cartoni ma anche esecutori degli stessi ricami, come il padovano Francesco Squarcione o Pedro Berruguete, che operò alla corte dei Montefeltro. Importanti risultano le opere di ricamo della scuola di Pollaiolo, della scuola di Botticelli o di quella di Pinturicchio. Nelle Marche si hanno i camerinesi Giovanni Boccati e Girolamo di Giovanni e si vedono esempi di antichi paliotti ricamati, come quello di San Ciriaco ad Ancona, o di riuso di vesti liturgiche come nel piviale del Museo di Recanati.
Il paliotto è costituito da dodici fasce su velluto unito in seta rossa montato in epoca più recente su teletta.
Sono raffigurate ventiquattro figure isolate, ricamate in filo di seta a diverse colorazioni, filato oro-argento e laminetta oro-argento, applicate sul fondo con la ‘tecnica del riporto’. Le due fasce maggiori collocate alle estremità rappresentano, su due ordini sovrapposti, San Pietro (in alto a sinistra) e San Tommaso apostolo (in basso a sinistra), un probabile Sant’Emidio (in alto a destra) e Sant’Elena (in basso a destra).
Le dieci fasce minori interne contengono rappresentazioni uguali e ripetute, tranne sette figure di Apostoli, con asse di simmetria centrale verticale a cominciare dalla quinta. Nel registro superiore sono disposte da sinistra le figure di un Santo vescovo, San Paolo, San Pietro, la Madonna col Bambino, il Cristo benedicente, e ancora e ripetuta la sequenza del Cristo benedicente, la Madonna col Bambino, San Pietro, San Paolo e un Santo vescovo. Sul registro inferiore sono rappresentati a cominciare da sinistra San Giuda Taddeo, San Giovanni Battista, San Matteo, San Giovanni evangelista, San Bartolomeo, Sant’Andrea, San Giovanni evangelista, San Giacomo Maggiore, San Giovanni Battista e San Simone.
È verosimile che le componenti del paliotto fossero in origine elementi appartenenti a stoloni di piviale relativamente alle figure minori e a colonne di pianeta relativamente a quelle maggiori, che decoravano un parato liturgico composto almeno da pianeta, piviale e manipolo. Prezioso e importante quindi il parato da cui provengono gli elementi costitutivi del paliotto e prezioso e singolare quest’ultimo per l’idea e la perfetta e coinvolgente realizzazione.
Daniele Diotallevi
Foto Giorgio Distefano