Il Paliotto è un pannello decorativo usato come rivestimento della parte anteriore di un altare. Quello in esame si dispone su due registri ed è caratterizzato da una complessa raffigurazione, anche se il soggetto è tra quelli di maggior fortuna nell’Italia medievale. Al centro del registro superiore si trova il Cristo nella Mandorla, tra angeli. Ai lati la tradizionale presenza della Vergine e del Battista. Al loro fianco circoscritti da eleganti archetti terminanti con colonne tortili si dispongono gli Apostoli in cattedra. Una scena più elaborata è poi raffigurata ai lati: a sinistra la Vergine in trono con angeli, mentre a destra tre patriarchi con le animule in grembo. Nel registro inferiore al centro si trova l’Etimasia, o trono vuoto, con due angeli. Procedendo verso destra si incontra poi la porta del Paradiso custodita da un cherubino, san Pietro con alcuni oranti e accanto il buon ladrone con la croce. Subito a fianco ma inquadrati da una sorta di cornice ci sono i dannati spinti da un demone verso l’accesso all’inferno. A sinistra si vedono invece i gruppi di eletti con i profeti, i martiri e i confessori, giovanetti e donne. Anche qui alle due estremità si trovano due scene distinte: da un lato, a sinistra, l’episodio in cui Gesù chiede a Pietro di avere fede e di avanzare sulle acque, mentre dall’altra parte, a destra, è raffigurata la crocifissione di S. Pietro. Le due scene con episodi della vita di S. Pietro testimoniano dell’appartenenza del Paliotto al Duomo della città, intitolato proprio a questo santo.
Si tratta di uno dei più significativi esempi di scultura lignea veneziana del XIV secolo, anche se la critica non ha dato fino ad oggi attribuzioni sicure: alcuni studiosi pensano ad artisti di ambito veneziano con forti influenze bizantine sul piano iconografico, oppure di scuola toscana, se non propriamente senese. Resta il fatto che verso la fine del ’300, questo tipo di produzione specificamente veneta si qualificò con la presenza delle cosiddette “ancone a storiette”. Una delle più antiche corrisponde proprio a quella del Duomo di Treviso, che secondo Enzo Carli pur evidenziando una cultura bizantineggiante nell’intaglio plastico, sembra riecheggiare modi ed influssi toscani, giunti in terra veneta attraverso la mediazione della cosiddetta bottega degli Embriaghi.
Poiché si notavano difetti di adesione al supporto degli strati di preparazione-doratura, si è provveduto inizalmente al consolidamento mediante locali infiltrazioni di emulsione acrilica. Una miscela solvente leggermente basica è stata utilizzata per la pulitura del supporto dai depositi di polvere e nerofumo. Alcuni chiodi non originali e non necessari sono stati eliminati. La superficie dorata – ricoperta da strati di vernice a base oleo-resinosa e dalle sedimentazioni di polvere e nerofumo – è stata pulita con miscele solventi scelte dopo opportune analisi. Gli elementi raffiguranti il Cristo nella Mandorla e l’Inferno sono stati fissati con perni in ottone e in legno in modo più consono alle esigenze estetico-statiche del pezzo. Una vernice trasparente molto diluita, con funzioni protettive, è stata applicata con nebulizzatore a conclusione dell’intervento.
Redazione Restituzioni