Originariamente nel Duomo di Mantova, la pace presenta l’immagine in argento fuso dorato del Cristo morto sorretto dalla Vergine, san Giovanni e un angelo, che si staglia su una placchetta d’argento smaltata. La scena è racchiusa in un’edicola con arco a tutto sesto, formata da inserti in madreperla lavorata a bassorilievo e niellati. Cammei bianchi ornano la mensola, le paraste, la trabeazione (con al centro una gemma rossa) e il timpano mistilineo, mentre un materiale rosato campisce lo spazio tra l’arco a tutto sesto e la trabeazione. La crocetta apicale e i peducci non sono pertinenti al prodotto originale, così come la presa sagomata d’argento; il cornicione superiore è lacunoso. La pace è chiusa da una placca d’avorio in cui è incisa la data «1513».
Se nell’impaginazione si rilevano echi delle pale mantegnesche e della facciata albertiana della mantovana chiesa di Sant’Andrea, la parte figurata va connessa con una placchetta assegnata al Moderno, misterioso autore la cui identità non è ancora stata svelata. Il Moderno mise a punto la scena che distingue la pace mantovana nel contesto figurativo della Lombardia di Ludovico Sforza detto il Moro sicuramente ante 1502, poiché la Pietà risulta citata dal bresciano Stefano Lamberti alla sommità della grande ancona eseguita per il San Francesco di Brescia, datata 1502. L’indagine archivistica segnala la prima menzione della pace in un inventario del 1529, tra gli oggetti pertinenti alla cappella «della Madonna di voti», di fatto una chiesa distinta all’interno della cattedrale, che ebbe importante ruolo politico e religioso nella vita della corte gonzaghesca, particolarmente negli anni del marchese Francesco II Gonzaga. La lettura dei documenti rivela peraltro l’esistenza di perdute perle, di parti in corallo e di uno scudetto nella sommità e che, con tutta probabilità, l’attuale edicola, da ascrivere pienamente a manifattura lombarda, ospitava una diversa immagine. Inoltre, data la presenza sulle due paraste di cammei con i busti affrontati di un giovane e di una giovane, delle perle e della gemma rossa (tipici dei manufatti preziosi a destinazione nuziale), non si può escludere che la pace sia stata commissionata in occasione di un matrimonio, forse da un personaggio legato alla corte di Isabella d’Este e del marito Francesco II Gonzaga.
Paola Venturelli
Foto fronte, prima e dopo restauro: Foto Jasevoli