La pace, detta anche osculatorium o tabella pacis, è un oggetto liturgico utilizzato a partire dalla fine del XIII secolo e andato gradualmente in disuso dopo il XVIII secolo. La sua funzione, concernente il rito dello scambio della pace, era quella di essere offerta dal sacerdote al bacio dei fedeli, in sostituzione del modo di darsi la pace mediante un bacio, stabilito sin dall’età paleocristiana.
Quella della Pace di Otricoli è una vicenda davvero singolare: scivolata chissà quando, attraverso un pertugio, sotto gli stalli del coro tardoquattrocentesco della collegiata di Santa Maria Assunta, è rimasta lì, celata per secoli. Difatti la sua presenza non è testimoniata dai documenti dell’archivio storico parrocchiale né di quello diocesano, almeno dal Cinquecento in poi. Nessuna traccia neanche nella visita pastorale del vescovo Pietro de Lunel, datata 16 maggio 1571, né nella relazione della sacra visita del vescovo Francesco Saverio Guicciardi, redatta nel 1710, che fornisce un inventario delle suppellettili presenti nella sagrestia, tra cui due paci in ottone, e dettagliate notizie sui beni artistici della chiesa in età rinascimentale.
È soltanto nel 2006 che, in occasione dei lavori di restauro del coro ligneo, smontando la pedana, la piccola, preziosa suppellettile fu ritrovata tra polvere e detriti, ma il suo rinvenimento non fu mai reso noto e quest’opera di microscultura ha dovuto attendere fino a oggi prima di essere valorizzata e restituita allo studio della storia dell’arte.
L’unicità di questa inedita Pace è dovuta alla sua fortunata storia conservativa che ha tramandato tracce eccezionalmente consistenti della policromia e della doratura originali. Sono soltanto quattro i colori utilizzati, blu, verde, rosso e oro, per ravvivare la calda tonalità dell’avorio di cui sono fatti il fondo, le due sottili cornici laterali e l’incarnato del viso e delle mani dei personaggi in scena.
Il bassorilievo, di forma convessa e cuspidata, presenta una cornice composta da due listelli lisci che racchiudono un tralcio dorato con foglie verdi dai bordi seghettati, intervallato da sei rose rosse a quattro lobi, in cui è raffigurata l’Annunciazione. Sul retro è stata ricavata, nello spessore della lastra, una sede rettangolare per fissare l’impugnatura, ormai perduta, che consentiva di prendere o posare la pace su un piano.
La Pace di Otricoli presenta alcune peculiarità, quali l’uso della doratura e della policromia, il fondo contraddistinto da un fitto tratteggio incrociato, il tralcio che racchiude la composizione, le foglie con bordo seghettato e rose a quattro petali, soluzioni compositive generalmente riferibili a una produzione fiamminga dalla seconda metà del XV secolo, come sembrano confermare anche le fisionomie, caratterizzate da fronte alta e mento minuto. L’iconografia dell’Annunciazione è affine a quella del cofanetto del Museo del Bargello (inv. 122) e alla scena rappresentata sul tabernacolo con Storie della Vergine del Museo delle Arti Decorative del Castello Sforzesco (inv. Avori 31), sebbene, in questi due casi, con alcune semplificazioni e un intaglio più grossolano. La ripetitività delle iconografie e degli ornati ha fatto ipotizzare l’esistenza di un prototipo che doveva circolare ampiamente all’epoca, grazie alla diffusione delle immagini a stampa.
La forma cuspidata, insolita nelle paci eburnee, si ritrova, tra l’altro, in ambito fiammingo in esempi della seconda metà del XV secolo.
Una pace proveniente dal Nord Europa, arrivata a Otricoli sicuramente dopo la costruzione del coro ligneo nella seconda metà del Quattrocento, dal quale fu inghiottita. Con tutta la prudenza del caso, si potrebbe indagare sul cardinale Bernardino López de Carvajal (1456-1523) come possibile committente di questo prezioso intaglio. Il cardinale spagnolo, nominato governatore perpetuo a Otricoli e promotore degli interventi di fine Quattrocento che conferirono un nuovo aspetto alla collegiata, si distinse, nel corso della sua lunga carriera, per l’intensa attività diplomatica e per essere stato un erudito e munifico mecenate.