La ‘pace’, chiamata anche osculatorium o instrumentum pacis, era offerta dal sacerdote al bacio dei fedeli prima della comunione, in segno di fraternità e riconciliazione (cfr. scheda 35, Restituzioni 2006). Utilizzata soprattutto nella liturgia medievale di estrazione nordeuropea, ha goduto di larga diffusione nell’Europa meridionale alle soglie del Rinascimento. Alle origini devozionali del tema di questa ‘Pace’ è stato individuato l’orafo incisore veronese Galeazzo Mondella (1467-1528?), detto il Moderno per l’attualità dei suoi riferimenti culturali. Secondo studi recenti, si è potuta individuare a partire da uno schema base una serie di varianti utili anche per la cronologia: la versione con la croce sullo sfondo sarebbe così quella di elaborazione più tarda. Anche attraverso considerazioni di carattere stilistico, e la presenza sul bordo inferiore della cornice dello stemma della famiglia Beccaria, si può proporre una datazione agli anni tra il secondo e il terzo decennio del XVI sec., con possibilità di oscillazioni fin verso il 1540/1545.
La suppellettile in esame presenta una tipica struttura a edicola poggiante su un basamento a gradoni decorato con ovuli e palmette. È sormontata da un fastigio a forma di mezzaluna, impreziosito da inserti di fiori lavorati a filigrana e da un medaglione con cristallo. La placchetta centrale si compone di una lastra rettangolare con la rappresentazione del Cristo in pietà, sorretto da Maria e da san Giovanni, con una croce sullo sfondo e i simboli della Passione (Arma Christi: qui la lancia e il bastone con la spugna). La cornice si fregia agli angoli di quattro doppiette che sovrastano un intreccio di foglie intervallate ai lati da motivi a rosette. Due foglie d’acanto a pieno rilievo si dispongono simmetricamente ai lati del pezzo, portando all’esterno la decorazione della cornice. L’eterogeneità dei materiali e la loro composizione fa ritenere che il manufatto attuale sia il prodotto di assemblaggi successivi, tutti posteriori alla realizzazione della placchetta figurata. Da un punto di vista stilistico questo esemplare mostra forti legami da un lato con il repertorio padano e in particolare ferrarese, dall’altro con la cultura prospettica di impronta veneto-mantegnesca evidente nella resa classicheggiante dei volumi.
L’opera si presentava in condizioni relativamente buone tanto sotto il profilo estetico che sotto quello strutturale. Una più o meno diffusa ossidazione riguardava però tutti i componenti del manufatto, mentre vistose efflorescenze di sali verdi pervadevano la parte retrostante in corrispondenza delle saldature di sostegno. Data l’integrità della struttura si è optato per una pulitura differenziata delle superfici senza procedere al loro smontaggio, che è parso troppo invasivo. Si è dunque operato lo sgrassaggio mediante impacchi mirati di sali di Rochelle. Dopo una pulitura meccanica con bicarbonato di sodio, si è intervenuti con una pulitura a tampone con solventi chetonici. Ad un’armonizzazione delle superfici con aceto dato a tampone, è infine seguita la protezione delle stesse con vernice nitrocellulosa al 5%.
Redazione Restituzioni