Il gruppo si compone di nove manufatti eburnei e ossei di piccole dimensioni. Sono in avorio cinque testine (due Teste femminili ideali, una Testa ritratto femminile idealizzato, un’Applicazione di mobilio raffigurante una testa femminile ideale e un’Applicazione di mobilio conformata a maschera di genio o erote), unBusto virile paludato, infine una bella Bambola articolata. Mentre sono in osso un Capulus (impugnatura) a forma di Vittoria alata su globo e un’Applicazione di mobile con rappresentazione di Dioniso. Le cinque teste muliebri e il busto virile sono inoltre montati su basi moderne in marmo giallo antico.
Il Museo Profano è uno dei Musei Vaticani la cui nascita fu sancita nel 1761 da papa Clemente XIII. Fu istituito per accogliere le collezioni a carattere “profano” della Biblioteca Apostolica Vaticana, formate principalmente dalla famosa raccolta di antichità del cardinale Gaspare Carpegna. Questa collezione – acquistata nel 1741 da Benedetto XIV – conteneva monete e medaglie, vetri cimiteriali, cammei, idoli, bronzi, intagli, disegni, vasi, pitture moderne e altre curiosità, messi insieme in gran parte nel periodo in cui il Carpegna, come cardinale vicario, ebbe la presidenza sulle catacombe romane. Gli oggetti a carattere cristiano della collezione Carpegna furono trasferiti nel Museo Cristiano voluto da Benedetto XIV, mentre quelli a carattere profano andarono a costituire, come si è detto, il nucleo principale del Museo Profano.
Alla fine del Settecento, con Pio VI, la raccolta profana ebbe un notevole impulso; il pontefice incaricò Luigi Valadier di riallestire artisticamente i materiali all’interno di quattro splendidi mobili a vetrina in legno di Brasile, fatti realizzare, sempre per volontà papale, dall’ebanista Andrea Mimmi su disegno dello stesso Valadier.
La vetrina II contiene una serie di oggetti mobili, testine, busti e altri reperti minuti, alcuni dei quali in avorio od osso: tra questi, vi sono i nove manufatti che sono stati sottoposti all’intervento di restauro. Il busto virile e due testine femminili, nonché la pupa, appartenevano probabilmente alla collezione antiquaria del Carpegna. Le altre due teste muliebri e la maschera potrebbero invece provenire dalla raccolta che Francesco Vettori donò a Benedetto XIV, la quale, formata essenzialmente da antichità cristiane, comprendeva anche un gruppo di avori archeologici di origine catacombale a carattere profano. Del capulus – attestato con certezza nell’inventario di fine Ottocento del Museo Profano – non si conosce né la provenienza né la data d’ingresso nel museo. Quanto all’applicazione di mobile raffigurante Dioniso, essa entrò piuttosto tardi nel Museo Profano, fatta trasferire dal Museo Gregoriano Etrusco all’inizio del Novecento dal direttore Roldolfo Kanzler; la cospicua presenza di terra nel canale midollare interno dell’oggetto sembrerebbe indicare una giacitura in una stratigrafia archeologica e porterebbe a presumere che il manufatto non abbia avuto una storia collezionistica alle spalle ma che sia entrato direttamente nel Museo Gregoriano Etrusco da uno scavo archeologico.
L’intervento di ripristino conservativo dei nove reperti è stato eseguito presso il Gabinetto Ricerche Scientifiche dei Musei Vaticani. Dopo la pulitura, è stato steso sulle superfici degli oggetti un protettivo finale, formato da una miscela di resina polisilossanica e cera microcristallina, già utilizzata con successo dal Gabinetto per il consolidamento e la protezione di avori e ossi di provenienza archeologica.
Redazione Restituzioni