I due candelabri, in argento, presentano una base a tre piedi e una coppa portacero. Il fusto è ornato da due nodi esagonali: quello in basso si compone di quadrifore e timpani e conserva, sulla superficie di fondo dell’ornato architettonico, la smaltatura blu; il nodo superiore, alle estremità degli angoli, mostra sei losanghe incise che originariamente erano smaltate, ove sono raffigurati, in alternanza, la Madonna con il Bambino e lo stemma del donatore.
I due candelieri, appartenenti al tesoro della cattedrale padovana, furono donati da Ildebrandino Conti, vescovo di Padova. Il nodo inferiore, architettonico, è tipicamente gotico; la schematizzazione e semplificazione delle figure della Madonna con il Bambino del nodo superiore si ricollega alla tipologia veneziana e padovana della prima metà del Trecento. I pezzi furono probabilmente eseguiti tra il 1339 e il 1350, mentre la base e il piattino risalgono al Settecento.
I candelieri erano alterati dalla solfurazione del metallo e da depositi di sporco generico come polvere, cera, materiali da pulitura. Vi erano inoltre tracce di paste lucidanti da orafi. Dopo lo smontaggio e un preliminare sgrassaggio, i pezzi sono stati immersi in acqua (eccetto i due nodi). Per la pulitura è stato utilizzato bicarbonato di sodio e, dove si riscontravano tracce di ossidazione di rame, si sono impiegati i sali di Seignette. Sono seguiti i lavaggi in acqua demineralizzata e la disidratazione forzata. Infine le superfici sono state protette con vernice antiossidante.
Redazione Restituzioni