La scoperta della pavimentazione musiva risale al 9 febbraio 1922, quando gli scavi per le fondazioni di casa Guarna, situata all’angolo sud fra via Fata Morgana e via Marina Alta (oggi corso Vittorio Emanuele III), misero in luce i resti di alcune murature antiche, presto attribuite a un complesso termale di età romana.
Il mosaico, già restaurato in antico, si sviluppa su una superficie di 295 × 565 cm. Si tratta di un tessellato in tessere di calcare sia bianco che scuro, apparecchiato con una densità di 40-55 elementi per dm2. La scena figurata si staglia su un fondo in tessere bianche (2,50 × 5 m ca), inquadrata da una prima fascia in tessere nere (larghezza 6 cm) e da una seconda a contrasto (larghezza 9 cm). Un’ampia balza in tessere nere, solo in parte conservata, incorniciava l’intera composizione.
Il campo centrale appare organizzato secondo uno schema compositivo simmetrico, costituito da due gruppi di tre figure in scala poco inferiore al vero (altezza 160 cm ca), rese in tessere nere con delineature e dettagli interni tracciati in tessere bianche. Al centro sono due rami di palma, affiancati da altrettante probabili corone: elementi che concorrono a dare una certa profondita alla scena. Delle sei figure rappresentate, due, nude, sono di atleti impegnati in una gara di pancrazio (a sinistra) e altrettante competono forse in una gara di pugilato (a destra).
In entrambi i gruppi la figura restante, vestita di mantello, e identificabile con il personaggio dell’allenatore-giudice: l’una reca in mano un ramoscello di palma, l’altra una piccola verga. Sul fondo della scena, in alto, e visibile un’ampulla olearia fiancheggiata da due strigili appesi per il manico. Si tratta del caratteristico corredo dell’atleta necessario prima per ungere e poi per detergere il corpo.
La scena, stilisticamente, ben si inquadra in una serie di produzioni musive in tessere bianche e nere databili alla prima meta del III secolo d.C. Essa trova numerosi confronti a Ostia, tra cui il mosaico con pugilatori della Caupona di Alexander Helix, quello con scena di misura del grano dell’Aula dei Mensores o la grande composizione che decorava l’apodyterium delle Terme dei Sette Sapienti.
Un dettaglio interessante e la presenza dei nomi degli atleti scritti in caratteri greci, purtroppo conservati lacunosamente. In alto a destra si legge solo parte del nome di uno dei due atleti, (…)ΑΡΟΣ, per il quale ancora non è stata avanzata alcuna ipotesi di integrazione. In alto a sinistra, invece, compaiono i nomi dei due pancraziasti: il primo, ΤΡΙΜΩΡ, potrebbe essere letto come abbreviazione per troncamento di Τριʹμωρ(ος) e venire attribuito a un atleta forse di origine egiziana; il secondo, ΔΑΜΑΣ, verosimilmente e identificabile con Marcus Aurelius Damas, figlio del più noto atleta Marcus Aurelius Demostratus Damas, originario di Sardi, vincitore a Olimpia nel 173 e nel 177 d.C., nonché fondatore di un’associazione alla quale aderivano i principali lottatori professionisti del tempo. In alcune iscrizioni compare sia come pancraziaste (παγκρατιαστηʹς) che pugile invincibile (πυʹκτηςα’ʹλειπτος), ma anche come vincitore (παραʹδοξος) in un solo giorno nella gara di pancrazio e nel pentatlo.
Ma è in particolare l’epigrafe di Sardi, con la sua datazione al 212-217 d.C., a contribuire a una più precisa lettura del mosaico reggino, poiche ricorda che anche il figlio fu un atleta vittorioso, giungendo, come il padre, a ricoprire i ruoli più importanti dell’associazione di atleti (συʹμπαζ ξυστοʹς). I dati epigrafici e i confronti stilistici confortano per una datazione del tessellato reggino ai primi decenni del III secolo d.C.
La presenza di un ipocausto inferiore, associato al tema iconografico, permette di attribuirlo alla sala riscaldata(caldarium o laconicum) di un edificio termale di un certo impegno architettonico.
Purtroppo nulla sappiamo dell’estensione di questo complesso. Secondo alcuni, esso comprendeva un’altra importante evidenza archeologica reggina, offerta dalle strutture e da un’ulteriore pavimentazione musiva venute in luce nel 1930, nell’isolato posto immediatamente a nord, durante gli scavi per la costruzione dell’hotel Miramare.
Carmelo G. Malacrino