La Vergine, secondo la diffusa tipologia detta “dell’umiltà” siede per terra, poggiando su una bassa roccia bruna. Avvolta in una sinuosa veste rosata coperta da un manto blu, porta sulla testa un velo bianco che le ricade morbidamente sulle braccia. L’ovale del volto, pieno e armonioso, è leggermente inclinato, con gli occhi abbassati sul Bambino che regge in grembo: un fanciullino piuttosto paffuto, dal viso serio, consapevole del destino che lo attende, come è chiaro dallo scambio di sguardi con Giovanni Battista, il profeta che ha annunciato il compimento delle Scritture.
Ai lati incontriamo, da sinistra, ciascuno col proprio attributo iconografico, i santi che meditano su questa singolare scena di maternità: l’elegante figura di Caterina d’Alessandria, col pezzo di ruota in mano, a ricordare il proprio martirio, e con il viso rivolto allo spettatore; Francesco, con il saio marrone, la croce rossa e il segno delle stigmate e, infine, Nicola, con le insegne vescovili e le tre palle d’oro, a segnalare la generosità nei confronti dei poveri.
L’opera, commissionata dalla famiglia Querini Stampalia, è stata identificata con un dipinto descritto nell’inventario della casa e della bottega di Palma il Vecchio, stilato nel 1529, in seguito alla morte dell’artista.
Palma era infatti molto legato alla nobile famiglia veneziana, per la quale realizzò numerose opere. É tuttavia probabile che il dipinto in oggetto sia una vera e propria opera di bottega, poichè il tema della sacra conversazione – fra i più diffusi e amati nella Venezia del Quattro e Cinquecento – veniva di norma affidato ai collaboratori, magari con la supervisione del maestro. In particolare la bottega di Palma, una delle più affermate nella città lagunare, aveva trovato nello sviluppo in orizzontale del tema, con il paesaggio sullo sfondo, un ideale codice d’espressione: una formula funzionale alla devozione privata, efficace per il raccoglimento interiore e il coinvolgimento emotivo del devoto.
Prima del restauro il dipinto si presentava in cattive condizioni di conservazione. La tela era allentata, a causa di un telaio inidoneo e la materia pittorica appariva in alcuni punti decoesa e sollevata, in particolare sul viso di san Francesco e sulla veste gialla di santa Caterina.
Il dipinto è stato oggetto nel passato di ritocchi, alteratisi nel tempo; inoltre, a causa dell’umidità i danni apparivano più evidenti, soprattutto la veste di Caterina, che risultava completamente ridipinta. L’ingiallimento della vernice rendeva infine impossibile la corretta lettura delle cromie. Si è dunque provveduto, innanzitutto, a re-intelaiare e rifoderare l’opera; dopo di che si è resa necessaria la rimozione delle vernici e dei restauri alterati. Sono quindi state stuccate le lacune, effettuate alcune reintegrazioni di colore e, infine, steso a mezzo di pennello e nebulizzazione, uno strato di vernice protettiva.
Redazione Restituzioni