L’intervento di restauro ha avuto inizio con una approfondita ricognizione della storia conservativa attraverso la ricerca documentaria e lo studio della tecnica esecutiva.
Il complesso scultoreo è stato scolpito in un unico blocco di marmo sapientemente inciso in modo da raffigurare al termine del lavoro la Madonna seduta in trono che sorregge il Bambino Gesù stante sulle sue gambe. Il materiale costituente è marmo di Carrara, di colore bianco cristallino e a grana fine, caratterizzato da venature tendenti al grigio. Il gruppo scultoreo si sviluppa nel suo complesso per circa 181 cm in altezza, per 115 cm in spessore e circa 100 cm in larghezza.
Durante gli interventi ottocenteschi della Basilica, eseguiti dal Gagliardi, venne realizzato, con l’impiego di diversi marmi, l’attuale basamento e il panchetto di giallo antico presente ai piedi del monumento. Inoltre, a quest’epoca sembrano risalire, per affinità tecnica con i capitelli delle colonne della navata centrale, le finiture in lamina metallica della conchiglia della nicchia, degli Angeli, dei capitelli, delle fasce architettoniche del timpano e delle colonne. Le parti in aggetto quali le pieghe dei panneggi degli Angeli, il fogliame dei capitelli e le creste della conchiglia interna della nicchia, sono state brunite creando un gioco di rifrazioni e luci particolarmente ricercato.
Al lato del piede destro della Madonna è stata rintracciata una piccola apertura che nelle foto storiche coincideva con l’inserimento di una cassetta per l’elemosina; in epoca recente venne rimossa e l’apertura stuccata con una malta di gesso.
I numerosi ex-voto che circondano la scultura testimoniano della particolare devozione tradizionalmente tributata dal popolo romano a questa Sacra immagine.
Nel corso dei secoli, la scultura, particolarmente venerata, veniva continuamente toccata e intrisa dall’olio sacro posto nei lumini che ardevano nel lato destro del Simulacro. Tali frequenti ricorrenze hanno provocato un importante ed evidente imbrunimento della superficie marmorea. In coincidenza del piede della Madonna, le succitate pratiche, hanno causato perdita del materiale costitutivo che venne integrato con una lamina in argento nella metà del ‘900.
Le condizioni conservative evidenziavano una situazione estremamente grave e problematica a causa di differenti e molteplici fattori trascorsi dal manufatto.
Gli stemmi della famiglia Martelli, in particolare quello di destra, mostravano un evidente imbrunimento della superficie come su gran parte del gruppo scultoreo e sulla figura del Bambino.
Nelle foto storiche è possibile osservare che le due figure, in occasione di festeggiamenti liturgici, venivano decorate con corone, collane, bracciali e pendenti. Alcuni di questi elementi venivano fissati a ganci metallici presenti sul retro della testa, sul collo e all’altezza della vita della figura della Madonna. Questi ornamenti hanno provocato evidenti abrasioni e graffi sulla superficie marmorea. Inoltre, negli ultimi anni del ‘900 vennero applicati una cinta sulla veste della Madonna e un gonnellino al Bambino entrambi in lamina d’argento che al momento della rimozione hanno mostrato sul marmo anche i residui di precedenti trattamenti di pulitura: sulla superficie tali materiali estranei sono poi stati rimossi meccanicamente a bisturi.
Le finiture realizzate con foglia d’oro erano particolarmente compromesse presentando lacune e difetti di adesione della lamina nei due Angeli scolpiti sul timpano.
L’importanza dell’opera e il degrado del manufatto hanno imposto un protocollo operativo approfondito. L’intervento di restauro è durato 6 mesi di cui il primo dedicato esclusivamente allo studio e all’elaborazione della metodologia che, grazie al supporto tecnico e ai lunghi confronti e ragionamenti con i chimici Marisa Laurenzi Tabasso, Giuseppina Vigliano e Ulderico Santamaria, la biologa Chiara Alisi e i restauratori Emanuela Ozino Caligaris e Paolo Pastorello, è stato possibile mettere a punto.
Il progetto diagnostico ha previsto l’impiego congiunto di metodologie di indagine non invasiva in situ (fluorescenza indotta da luce ultravioletta e indagini spettrocolorimetriche) e micro-invasiva (analisi FT-IR e sezione lucida trasversale). Le indagini analitiche eseguite da Ottaviano Caruso (Conservazione e Restauro di Opere d’Arte), da Fabio Aramini (ICR), da Domenico Poggi (Artelab), da Ulderico Santamaria e da Giorgia Agresti (Laboratorio di Diagnostica e Scienza dei Materiali “Michele Cordaro” Dipartimento di Economia, Ingegneria, Società e Impresa (DEIM) dell’Università della Tuscia di Viterbo) e da Rocco Mazzeo (Microchemistry and Microscopy Art Diagnostic Laboratory (M2ADL), Department of Chemistry “G. Ciamician”, Bologna University) hanno permesso di identificare il materiale sovrammesso e in gran parte profondamente compenetrato all’interno della superficie marmorea.
Nelle complesse e delicate operazioni di pulitura sono stati impiegati tradizionali e innovativi mezzi di pulitura quali miscele di solventi organici, applicati con supportanti di recente utilizzo, alternate da agenti pulenti di origine biologica.
Dal punto di vista conservativo, gli interventi di restauro si sono concentrati nella rimozione e nell’alleggerimento del forte imbrunimento che rivestiva la superficie marmorea alterando la corretta leggibilità del manufatto scultoreo.
La prima fase di pulitura ha riguardato la rimozione dei depositi parzialmente incoerenti mediante pennellesse morbide, successivamente tramite test di pulitura con solventi organici con differenti polarità è stata selezionata una miscela ternaria applicata sulla superficie con supportanti agar in forma destrutturata. Questi impacchi, applicati con differenti tempi di contatto a seconda della superficie da trattare, sono stati efficaci e hanno permesso di estrarre e richiamare in superficie le profonde maculazioni brune. Una seconda fase di pulitura ha visto l’impiego dei batteri che in maniera estremamente selettiva hanno lavorato alla rimozione di depositi o substrati di differente natura quali olii, cere, proteine e resine sintetiche.
L’applicazione di metodi di restauro che utilizzano microrganismi e altre sostanze naturali si sta confermando una via fattibile per affrontare un numero sempre maggiore di problematiche, nel rispetto dei principi della sostenibilità con modalità operative che prevedono un dettagliato approccio conoscitivo. Con il supporto tecnico-scientifico di Chiara Alisi del Laboratorio OEM dell’Enea, sono stati effettuati molteplici test esplorativi sulle macchie brune con differenti ceppi batterici per individuare i microrganismi più adatti a lavorare sui diversi materiali sovrammessi. Per la biopulitura sono stati selezionati 4 ceppi di differenti batteri inglobati in un gel polisaccaride.
Le finiture dorate sono state pulite con gel chelanti neutri e rifinite con strumentazione laser.
L’intervento di restauro è stato corredato dall’impiego di un’innovativa e dettagliata fase di documentazione grafica realizzata con un sistema tridimensionale. Il sistema informatico di raccolta e informazione dei dati grafici su un Modello 3D, messo a punto da Alessandro Massa di Esplorativa Architetti, ha consentito l’acquisizione dei dati tecnico scientifici derivanti da indagini preliminari, la documentazione delle attività di restauro, ed in futuro l’agevolazione della gestione della manutenzione e l’eventuale sviluppo delle attività divulgative e informative (mediante l’utilizzo di applicazioni per smartphone e tablet) dei dati riguardanti gli interventi eseguiti.
Accedendo all’indirizzo https://www.esplorativa.it/madonnadelparto sarà possibile vedere nel dettaglio le mappature eseguite e su specifici punti d’interesse i relativi collegamenti con documenti di archivio, indagini e particolari fotografici.
L’ausilio del rilievo laser scanner è stato utilizzato anche per l’intervento di chiusura dell’antico vano, utilizzato come cassetta dell’elemosina, alla destra del piede della Madonna. È stato infatti realizzato con stampante 3d un coperchio in resina, calibrato con la cromia del marmo, vincolato in maniera reversibile grazie ad un perno metallico inserito su un preesistente foro.
Lo studio delle fonti che narrano i procedimenti esecutivi degli artisti, nonché la lettura dei trattati che descrivono materiali e abituali pratiche di manutenzione, è stato fondamentale per la comprensione delle fenomenologie del degrado presenti sul manufatto, la caratterizzazione dei materiali costitutivi e la messa a punto dell’intervento di restauro. Attraverso l’impiego di differenti metodologie, lo scopo principale di questo lavoro è stato quello di alleggerire il forte imbrunimento che rivestiva la superficie marmorea alterando la corretta leggibilità dell’opera nel pieno rispetto della sua storia conservativa.
Il restauro, condotto con la collaborazione di Emanuele Marconi, Antonio Mignemi, Eleonora Gigante, Francesca Castiello, Alice Caporicci, è stato diretto dalla Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, nello specifico da Alessandro Mascherucci, Ilaria Sgarbozza e Chiara Scioscia Santoro con la consulenza scientifica, da parte di Intesa Sanpaolo, di Carla Di Francesco e Giorgio Bonsanti.
Anna Borzomati