La statua, collocata nella terza cappella destra nel santuario di Grosotto, è oggetto di venerazione fin dalla costruzione dell’edificio, consacrato nel 1490 in seguito a un fatto miracoloso avvenuto pochi anni prima: nel 1487, terrorizzati dalle incursioni dei Grigioni in Valtellina, i Grosottini fecero voto a Maria affinché li preservasse dai saccheggi e dalle violenze; il borgo fu effettivamente risparmiato e l’edificazione di un piccolo santuario per grazia ricevuta seguì immediatamente. La scultura è l’unico elemento rimasto di un’ancona andata perduta in seguito alle trasformazioni che hanno interessato il santuario nei secoli; lo spostamento dall’altare maggiore alla collocazione attuale risale al 1938. La storia della devozione alla Beata Vergine di Grosotto è testimoniata dai numerosi cartigli applicati nei secoli sul retro della statua, in occasione delle solenni esposizioni originate da anniversari o dalla necessità di invocare Maria per ottenerne la protezione in frangenti difficili: la campagna napoleonica d’Italia (1796), i periodi di siccità (1802), la prima guerra mondiale (1915), fino ad arrivare al più recente, apposto nel 2020 in concomitanza con la pandemia.
La Vergine, vestita d’oro e avvolta in un manto azzurro, è raffigurata assisa in posizione frontale; con la mano destra tiene il Bambino seduto sulla gamba destra, mentre l’avambraccio sinistro è leggermente sollevato, forse a reggere anticamente un oggetto andato perduto. Nell’ancona originaria la scultura poggiava su un supporto, probabilmente un trono, distrutto insieme al resto della primitiva struttura. Antonio Giussani, nel suo studio sul santuario di Grosotto (1931), riteneva la statua opera cinquecentesca e ipotizzava come esecutore Giovanni Angelo Del Maino, la cui attività in valle era attestata dai contratti per le ancone dell’Assunta a Morbegno (1516) e del santuario di Tirano (1519). La proposta fu accolta dalla Gnoli Lenzi nel suo Inventario del 1938 e non è stata messa in discussione fino al 1990, quando Paolo Venturoli ha riferito correttamente l’opera al padre di Giovanni Angelo, Giacomo. La datazione pressoché certa della statua di Grosotto al 1490 o agli anni immediatamente precedenti si rivela di particolare importanza per lo studio dell’attività di Giacomo Del Maino e della sua bottega, che nei primi anni ottanta erano stati impegnati nell’impresa del tabernacolo di Santa Maria del Monte sopra Varese (1476-1482) e nell’intaglio dell’ancona con la Vergine delle rocce di Leonardo da Vinci in San Francesco Grande a Milano (1480-1482 o 1483); entrambe le opere, non più conservate, sicuramente servirono da riferimento per le successive commesse artistiche ricevute dalla bottega dei Del Maino in territorio lombardo, compresa la Madonna di Grosotto, nella cui mano sinistra si legge un’evidente citazione leonardesca. Il restauro dell’opera, grazie alla rimozione di ridipinture e di aggiunte incongrue, consente ora, oltre che di apprezzare la luminosità dell’oro e la finezza delle fisionomie, di valutare correttamente i caratteri dell’intaglio, così da contribuire all’avanzamento degli studi sulla scultura lignea lombarda.