Qualcosa di affascinante, forse l’immagine della materia che si sgretola nell’ombra e nel fondo, avvolge il dipinto della Madonna col Bambino, assegnata oggi a Tiziano.
La presenza del grande artista cadorino si percepisce in molti elementi, nel fare pittorico, nell’invenzione di nuovi dettagli iconografici e, soprattutto, nell’eccezionale temperatura emozionale che connota il dipinto. Lo sfondo è occupato per tre quarti da una tenda rosso bruno: solo sulla sinistra un’apertura lascia intravedere fra le tenebre il bagliore del roveto ardente, simbolo della perenne verginità di Maria. Fra la Vergine e il Figlio – un fanciullo piuttosto cresciuto, che risalta rispetto allo sfondo per l’alto livello di definizione pittorica – viene a crearsi una relazione di intimo affetto, ma anche di malinconica consapevolezza: lo sguardo che i due si scambiano presagisce quel destino di sacrificio a loro già noto e inevitabile.
Alcuni elementi stilistici hanno fatto dubitare dell’autografia tizianesca, tradizionalmente accettata fin dal primo Seicento, sulla scia di Giovan Battista Crespi (il Cerano), quando l’opera apparteneva ai marchesi Mazenta di Milano. I dubbi sono stati fugati, almeno in parte, dalle indagini riflettografiche e radiografiche effettuate nel 1990, che hanno evidenziato la composizione a rapide pennellate sovrapposte, secondo la tipica tecnica esecutiva di Tiziano.
Grazie a queste analisi è stato inoltre possibile constatare il riutilizzo della tela: sotto le gambe del Bambino si nota infatti il volto di una santa in preghiera, variamente identificata con Maddalena penitente, Caterina d’Alessandria e Margherita. In base ad alcune analogie stilistiche con altre opere tizianesche, il dipinto è stato datato intorno al 1560, nel torno di tempo in cui l’artista sviluppa una profonda riflessione sui temi religiosi.
Il dipinto è stato oggetto di sfortunate ridipinture e inadeguati consolidamenti antichi che hanno modificato in particolare il Bambino, reso goffo nella posa e impacciato nella gestualità. Le ridipinture più recenti (1955), invece, non sono risultate deturpanti. Si è comunque resa necessaria una manutenzione conservativa straordinaria, poiché la tela presentava un generale offuscamento del manto pittorico, un attacco fungino sul verso e un consistente deposito di polveri sulla preziosa cornice dorata di età secentesca. L’opera è stata così sottoposta a pulitura dei diversi depositi superficiali e verniciata; mentre il retro è stato trattato con antifungino. Riportata a una buona condizione di leggibilità, l’opera si offre ora allo sguardo dello spettatore con tutto il suo potenziale magnetico.
Redazione Restituzioni