Presso la Galleria Estense di Modena si trova, a fianco della più imponente Madonna con Bambino in gloria tra i santi Giorgio e Michele, detta Pala di Sant’Agostino, una tavola di medie dimensioni, reputata dalla critica recente opera di Dosso Dossi ma di cui poco si sa per la quasi assoluta mancanza di documentazione. Il titolo tradizionale è Madonna con Bambino in trono tra i santi Sebastiano e Giorgio. Attraverso gli inventari e le guide che descrivono la quadreria estense presso il Palazzo Ducale di Modena in epoche e ambienti diversi, è stato possibile rintracciare la presenza della tavola e i suoi spostamenti: sicuramente esistente quindi nella reggia estense dalla metà del Seicento ma rimasta continuamente ai margini di ogni studio critico riguardante Giovanni Luteri.
Un altro punto importante è la forma rettangolare dell’opera, contrariamente a quella centinata della Pala di Sant’Agostino, in origine di proprietà privata: facendo un riscontro tra le altre opere devozionali commissionate dagli Este se ne può dedurre che quella fosse la forma puntualmente richiesta perché meglio assimilabile ai dipinti della collezione.
Le evidenti citazioni che la nostra tavola riprende da capolavori di Michelangelo e di Tiziano eseguiti verso la metà del secondo decennio del Cinquecento portano a pensare che l’opera sia stata eseguita dal pittore appena giunto alla corte estense, quindi tra il 1516 e il 1517.
La tecnica, d’altra parte, messa bene in evidenza da una pulitura chiarificante durante il recente restauro, dimostra ancora molte insicurezze negli equilibri degli impasti e nella resa di alcune parti anatomiche in prospettiva.
Sempre quest’ultimo intervento conservativo, liberando la superficie da numerosi ritocchi e vernici aggiuntive, è riuscito a riportare in vista la freschezza e ricchezza della tavolozza dossesca costituita dai rari colori orpimento, lacca di garanza, blu oltremare. Sono i colori amati da Dosso Dossi, che il pittore usa in quasi in tutte le sue opere, giocati su una base mista, in parte ancora tradizionale, costituita da un’imprimitura a gesso e colla, ma poi resa impermeabile da varie mani di olio e da uno strato di miscela di bianco di piombo e nero di carbone-legante oleoso che abbassa il tono candido dell’imprimitura.
Giovanna Paolozzi Strozzi
Foto prima e dopo restauro: Marco Coen