Comodamente assestata su un seggio, appare la Vergine, ripresa a tutta figura secondo un taglio a tre quarti, visuale che permette di apprezzare la morbida veste color rosa chiaro e l’ampio manto blu che la avvolgono. Sul grembo trova posto un paffuto Bambino dalla carnagione rosa chiaro, completamente nudo, in modo da sottolineare la sua reale umanità e, di conseguenza, la sua reale e umana sofferenza al momento della morte.
Il dramma del futuro martirio è infatti scopertamente alluso nella zona superiore del dipinto, dove una corona di angioletti solleva l’ampio velo blu scuro oltre il quale appare la grande croce lignea della Passione. Ai piedi del seggio si trova sant’Antonio da Padova, con il saio fratesco marrone, le ginocchia a terra e le mani incrociate sul petto in segno di devota contemplazione; appena dietro, un possente san Giuseppe si curva a guardare la scena, volgendo alla Vergine un intenso sguardo d’intesa.
Il dipinto non si trova nella sua collocazione originaria, come attesta la documentazione dell’archivio della parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo. Dalle fonti archivistiche sappiamo infatti che l’opera fu realizzata da Luca Giordano per la chiesa di Santo Spirito a Venezia, per passare poi allo Stato, in seguito alle soppressioni napoleoniche (1806) e confluire infine nel mercato dei privati.
Nel corso dell’Ottocento l’opera fu acquisita dalla Fabbriceria di Soligo, trovando un posto definitivo nella parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo. Collocato dalla moderna critica intorno al 1665, il dipinto è stato recentemente confrontato con un’opera di analogo soggetto apparsa in un catalogo Finarte. L’analisi formale ha evidenziato la superiorità qualitativa di quest’ultima, aprendo una nuova ipotesi interpretativa che vede nel dipinto di Soligo una replica di buona fattura, realizzata da Giordano stesso e dalla sua laboriosa bottega.
Nel passato il dipinto è stato oggetto di almeno due restauri, l’ultimo dei quali comportò una riduzione dell’opera, nel corso dell’operazione di rifoderatura. Una pulitura aggressiva aveva inoltre compromesso il manto cromatico, la cui lettura risultava ulteriormente ostacolata da una spessa patina di vernici ingiallite e ossidate.
Nell’ambito del nuovo restauro si è resa dunque necessaria una prima pulitura, volta a rimuovere le diverse alterazioni e vecchie stuccature; a ciò è seguita una nuova operazione di foderatura, che ha consentito di recuperare il lembo di tela precedentemente piegato. Dopo aver rimontato il dipinto su un nuovo telaio, è stato possibile rifinire la pulitura, rimuovendo i restauri pittorici più resistenti e le vecchie stuccature con miscele solventi e l’ausilio di mezzi meccanici (bisturi). Sono state risarcite le lacune, effettuata la reintegrazione pittorica e applicato, a conclusione dell’intervento, uno strato di vernice protettiva.
Redazione Restituzioni