Un alone di mistero circonda la lastra con la raffigurazione di due pavoncelle dal Museo Archeologico Atestino, dove è esposta accanto ad un’altra lastra altomedievale, proveniente da Medaglino San Fidenzio, anch’essa restaurata nell’ambito di Restituzioni e recentemente oggetto di importanti studi. Diversamente da quest’ultima, per la lastra con le pavoncelle, il pessimo stato di conservazione e l’assenza di notizie certe in merito alla provenienza originaria o alle collocazioni antecedenti quella attuale, rendono difficile sia una datazione che un’attribuzione dell’oggetto ad un preciso ambito culturale.
Per ricostruirne il passato, soccorre solo una generica annotazione collocabile tra il 1910 e il 1921 che la dice proveniente dalla chiesa di Anguillara Veneta (Padova), per la quale la lastra è stata usata come prova dell’esistenza di un edificio di culto antecedente alla più antica testimonianza documentaria di una ecclesia nella zona (XI secolo). In mancanza di riscontri archeologici o di ulteriori notizie sul rinvenimento, considerando la rarità di fonti documentarie antecedenti il IX secolo, solo alcune considerazioni stilistiche sul modo in cui sono scolpite le pavoncelle suggeriscono di accettare la provenienza anguillarese, contro l’affermazione di Barzon che nel 1955 scrisse «[…] stava infisso nella chiesta di Anguillara. Poiché questa chiesa è di tarda età e in quel luogo, prima del 1000, non esisteva nessuna chiesa o cappella, il relitto si trovava colà perché importato posteriormente».
Nonostante le cattive condizioni, è ancora possibile leggere il disegno scolpito: due pavoncelle affrontate tra le quali un piccolo della specie, appena riconoscibile, becca un fiore di loto. La scena, completata da un fiore a quattro petali e da un altro a sei, si svolge nel registro principale, delimitato da due liste parallele e racchiuso da due cornici vegetali con motivo a tralcio continuo. Questi elementi si prestano a considerazioni divergenti: mentre gli elementi decorativi della cornice sono ampiamente attestati dal VII al IX secolo e non sono utili per una datazione più precisa del reperto, gli uccelli scolpiti non trovano confronti con alcun esempio noto della scultura altomedievale. Non si tratta dei pavoni dalla coda ampia e stondata che sono un tema ricorrente, attestato sia nei rilievi scolpiti paleocristiani che negli esemplari longobardi da Cividale del Friuli, Brescia e Pavia, ma di uccelli delle paludi. La mancanza di simmetria e la necessità di riempire i vuoti avvicinano la lastra all’età longobarda, mentre l’alta qualità del rilievo suggeriscono di anticiparne la datazione agli inizi dell’VIII secolo, pur con molta cautela.
L’intervento di pulitura, difficoltoso per l’azione corrosiva dei depositi, è consistito nella rimozione degli strati di deposito a bisturi, nella desalinizzazione del materiale litico con impacchi di polpa di carta in acqua demineralizzata, nella rimozione dei sigilli in malta di calce dagli incavi ricavati per i ganci con cui l’opera fu spostata e insediata. Durante il restauro, completato con la stuccatura dei due incavi, la lastra è stata sottoposta ad analisi petrografica ed è stato possibile identificare la provenienza vicentina della pietra.
Redazione Restituzioni