Il candelabro è composto da un’architettura centrale gotica, definita tabernacolo, delimitata da sei contrafforti, ornata in alto da una corona e in basso da una ringhiera entrambe traforate a motivi quadrilobati. All’interno del piccolo tempio sono collocate su piedistalli le statuette raffiguranti la Vergine col Bambino, Santo Stefano e San Lorenzo titolari della collegiata; tutt’intorno sono agganciati otto bracci sui quali si distinguono le sagome della Principessa, di San Giorgio – che indossano abiti di gusto tardo gotico – e del Drago; i bracci inoltre sono ornati da fregi ad archetti e trifogli, e all’estremità reggono i portacandele decorati da un motivo traforato a cuori e bordato da trifogli. Il tabernacolo è sormontato da una snella cuspide esagonale attraverso la quale passa il perno centrale in ferro che funge da elemento strutturale di congiunzione tra la mensola di supporto alle figurette, il cono sottostante e la protome leonina che chiude il lampadario.
Le figure a tutto tondo sono state realizzate in un pezzo unico, tramite una fusione probabilmente a cera persa forse con l’ausilio di stampi, e hanno uno spessore molto sottile di circa 1 mm; i pezzi, poi, erano rifiniti a freddo con i ceselli come dimostrano le capigliature, la criniera del mascherone e i dettagli di San Giorgio e il drago. Il manufatto è appeso nella campata antistante la cappella maggiore della collegiata ed è dotato di un sistema di sospensione, che lo collega a un argano sopra la volta, ancora funzionante, avente lo scopo di abbassarlo per sistemare le candele.
Con molta probabilità, è stato commissionato dal cardinale Branda Castiglione, personalità di eccezionali capacità diplomatiche che operò in tutta Europa al fianco di papa Martino V e dell’imperatore Sigismondo. Fu però anche un noto e raffinato mecenate. Tra il 1420 e il 1433 trasformò il piccolo borgo natale Castiglione Olona in città rinascimentale ideale, facendo convenire i migliori artisti del tempo, primi tra tutti i pittori Masolino da Panicale e il Vecchietta. La lampada di Castiglione è un esemplare di manufatto estraneo alla cultura artistica italiana, ma ampiamente diffuso nelle abitazioni private e negli edifici sacri d’Oltralpe. Secondo Eric Meyer i candelabri da soffitto gotici, realizzati tra la fine del XIV e il XV secolo, sono il risultato dell’evoluzione del romanico candelabro a Gerusalemme celeste – un grande cerchio scandito da torrette che ha eccezionali esempi nel Duomo di Hildesheim e nella Cappella Palatina di Aquisgrana. La lampada della collegiata appartiene al gruppo di candelabri a tabernacolo con figure e bracci; esemplari simili sono stati rintracciati in alcune chiese parrocchiali di Svizzera, Austria, Germania, e Paesi Bassi. Secondo lo studioso sono tutti prodotti delle manifatture di Dinant in Belgio; per Ursula Mende e Hermann Lockner, si tratta invece di manufatti usciti dalle botteghe di Norimberga, ma la compresenza di caratteristiche peculiari di entrambi i centri di produzione rende incerta l’area di provenienza del nostro lampadario.
Il suo pregio consiste nella sua quasi completa autenticità, ad eccezione del cono inferiore, probabilmente realizzato intorno al 1886 in sostituzione di quello, ora disperso, che recava quattro placchetted’argento. L’allora parroco aveva affidato il manufatto a un antiquario affinché provvedesse alla pulitura; in seguito questi gli consegnò una copia, mentre trattenne l’originale che espose a Roma nel 1886 al Museo Artistico Industriale. Per intervento dell’architetto milanese Luca Beltrami, che riconobbe la lampada quattrocentesca nel negozio dell’antiquario, l’oggetto fu riportato nella collegiata e la copia rimase a Castiglione, esposta nella chiesa di Villa. Purtroppo però non erano state sequestrate le forme, dalle quali vennero fusi altri esemplari. Infatti Meyer cita alcune copie al Victoria and Albert Museum di Londra e nell’ex collezione Lippmann di Berlino, ora non più rintracciabili, mentre un’altra fusione ottocentesca si trova nel Museum Cau Ferrat y Maricel, Sitges (Spagna).