Una pala tutta al femminile vede protagoniste le sante domenicane Caterina da Siena, Rosa da Lima e Agnese di Montepulciano, poste in primo piano sullo sfondo di un’elegante quinta architettonica.
Alle loro spalle, su un trono di nubi dai riflessi dorati, appare la Vergine Maria, con lo sguardo altero e distante, avvolta in un ampio manto azzurro acceso, la veste rossa e il capo coperto fino alle spalle da un morbido velo giallo oro. Le tre sante, unite idealmente nella passione mistica per la teologia della Croce, risaltano per i colori biancastri dalla tonalità calda delle vesti, cui fa da contrappunto il mantello nero di Agnese. Singolare è l’iconografia del Bambino, che diversamente dalla consuetudine che lo vuole nel grembo della Madre, si trova comodamente appoggiato fra le braccia di santa Rosa, stringendo fra le mani una delicata rosellina, attributo della santa.
L’opera è incentrata sulla celebrazione della gloria domenicana, in armonia con il programma decorativo della chiesa dei Gesuati a Venezia, cui la pala era stata destinata.
Diversamente da quanto riportato nel Forestiere illuminato, che datava il dipinto al 1740, le fonti d’archivio presuppongono una cronologia intorno al 1748, accolta da larga parte della critica moderna. La pala si situa, dunque, in un momento particolarmente felice per Tiepolo: sono gli anni della decorazione di Palazzo Labia, caratterizzati da un intenso recupero veronesiano. Questo aspetto è ben visibile nel breve accenno dell’arco, sostenuto dalla colonna, nel gradino finemente lavorato su cui poggiano le sante e nella raffinata balaustra alle loro spalle.
Tali innovazioni, tuttavia, vanno intese in un’ottica che non vuole semplicemente riproporre la poetica di Veronese, bensì reinterpretarla attraverso nuove trame gestuali e compositive.
La tela si presentava fissata su un telaio non originale, non più in grado di mantenere il dipinto nella corretta tensione. La pellicola pittorica era caratterizzata da una diffusa alterazione cromatica, dovuta sia all’ingiallimento delle vernici sia a depositi di polvere e sporco. Continui movimenti del supporto avevano causato preoccupanti sollevamenti e lievi cadute di colore. La lettura della cromia risultava inoltre ostacolata da numerose ridipinture e stuccature.
Fondamentale si è dunque rivelata un’attenta pulitura del supporto originale, insieme alla sostituzione della vecchia tela di rifodero con una nuova, costituita da una doppia tela di lino. Il restauro ha anche previsto la stiratura a calore controllato, per consentire una corretta adesione del colore sollevato al supporto, nonché la pulitura della superficie pittorica, con solventi e mezzi meccanici (bisturi).
L’intervento si è concluso con la stesura di un sottile film di vernice sintetica e da un ulteriore velo di vernice protettiva.
Redazione Restituzioni