La visione celeste della Vergine col figlioletto, sollevata su un’ariosa nuvola e circondata da una corona di paffuti angioletti, sovrasta, come un’apparizione in piena regola, la dimensione privilegiata dei quattro santi – Giovanni Evangelista, Agostino, Agnese, Giovanni Battista – protagonisti dello spazio scenico architettato da Moretto per la pala destinata alla chiesa di San Giovanni Evangelista a Brescia. Un immenso cielo azzurro metallo fa da sfondo ai quattro santi poggianti su una sorta di proscenio, su cui si apre un prezioso tendaggio rosso broccato d’oro, non immemore della raffaellesca Madonna Sistina. A contemplare l’apparizione stanno, a livello dello spettatore, i ritratti dei frati Innocenzo e Giovanni Casati, membri dell’ordine agostiniano cui era affidata la chiesa di San Giovanni Evangelista e presunti committenti del dipinto.
La scena mariana costituisce la parte centrale dell’opera; altre due tavole completano l’opera: in alto una lunetta con il Padre Eterno e la colomba dello Spirito Santo e, in basso, una tavola rettangolare raffigurante Re David nella tipica posizione del meditativo, con la testa appoggiata al braccio, in linea con il messaggio spirituale dell’opera.
Il dipinto è stato oggetto di numerosi dibattiti e aperture interpretative, che si sono concentrate sulla collocazione cronologica e sugli aspetti stilistici dell’opera. La critica si trova attualmente d’accordo nel proporre una datazione verso la seconda metà degli anni Trenta del XVI secolo e ne evidenzia la qualità artistica. Nella pala, infatti, è possibile distinguere la capacità dell’artista di mediare i modelli figurativi, Raffaello e Tiziano, in uno stile del tutto personale, spesso arricchito da un livello concettuale piuttosto denso. Significativo, in questo senso, il riferimento alla dottrina agostiniana sull’Immacolata Concezione, principale oggetto dell’annosa disputa teologica tra francescani e domenicani, giunta anche nel contesto bresciano di medio Cinquecento.
Nell’immagine, infatti, al libro aperto di Giovanni Evangelista è accostato sant’Agostino, che proprio nel Commento a Giovanni aveva teorizzato l’immunità della Vergine dal peccato originale. Ferrea coerenza teologale e alta temperatura emotiva connotano dunque il linguaggio dell’opera, che non vuole affatto limitarsi a un’ordinaria scena di devozione privata.
Lo stato conservativo dell’opera precedente al restauro poteva tranquillamente definirsi buono. Tuttavia sono stati opportunamente effettuati alcuni trattamenti sia al supporto ligneo che alla pellicola pittorica. Per quest’ultima, in particolare, si è rivelato necessario procedere all’eliminazione dello sporco depositato, dovuto a fattori atmosferici ma, soprattutto, a inopportuni interventi di restauro (stesura non omogenea delle vernici, integrazioni pittoriche, puliture). Altrettanto necessaria è stata la stuccatura delle lacune mediante colle e gessi specifici, in determinati punti.
Nel complesso il restauro ha portato in luce alcuni segni preparativi sotto il manto pittorico, estremamente interessanti per capire le originali soluzioni esecutive effettuate da Moretto.
Redazione Restituzioni