I diciannove vasellami maiolicati sfoggiano una grande varietà di apparati decorativi, dipinti prevalentemente in blu, ma anche in giallo, verde, ocra e viola.
Cinque esemplari provengono da Faenza. Due scodelle presentano sul dritto l’ornato “alla porcellana”, formato da motivi blu vegeto-floreali su fondo bianco ispirati alle porcellane cinesi della dinastia Ming; una scodella mostra, al centro, un cigno. Sul rovescio di tre ciotole compare la decorazione “a calza”, costituita da fasce di cerchi concentrici digradanti dal bordo verso il centro. Sul dritto della prima ciotola si vede il cristogramma IHS (“Iesous”) circondato da un motivo “gotico-moresco” (simile a quello “alla porcellana”); sulla seconda vi è l’elegante decoro “del cartoccio”,in cui una foglia si snoda serpeggiando e riavvolgendosi su stessa; sulla terza, si sviluppa attorno a un cervo una decorazione geometrico-floreale.
Dieci vasellami sono attribuibili alle maestranze di Deruta. Sette pezzi mostrano latipica decorazione derutese, detta “petal-back”, che si configura come una serie di grandi petali disposti radialmente rispetto al piede. Sei maioliche, sulla superficie del piede, portano dipinte le lettere A, M, HE, B (riferibili ai fabbricanti, agli artigiani decoratori o ai committenti). Sul dritto appaiono svariate decorazioni: un paggio, una giovane donna, alcuni ornati vegetali e geometrici, un fiore di cardo, inseriti all’interno di apparati decorativi variamente dipinti, mentre due manufatti hanno un decoro “alla porcellana” e presentano al centro un drago e il nodo di Salomone (un nastro intrecciato senza soluzione di continuità).
È forse un prodotto delle botteghe di Venezia la scodella a due prese, con un elegante e raffinato decoro “alla porcellana” formato da virgulti.
Una piccola scodella, assegnabile a ceramisti padovani, è ricoperta sul dritto da smalto cinerognolo e decorata al centro da una croce latina.
Vi sono inoltre due maioliche spagnole il cui aspetto estetico – ripristinato dal restauro – è caratterizzato dalla tecnica del lustro metallico, grazie alla quale si producono effetti di luce cangiante utilizzando pigmenti metallici. Si tratta di un grande catino ispano-moresco decorato da fiori, spirali e puntini in blu e in lustro dorato, mentre il secondo manufatto sviluppa un complesso motivo decorativo di tipo geometrico attorno a uno scudo contenente un giglio araldico.
Nel cortile della Questura di Padova, nel corso di un intervento edilizio negli anni 2000-2001, è riemersa una struttura sotterranea esagonale, facente parte all’ex convento di Santa Chiara: al suo interno sono state rinvenute numerose suppellettili domestiche che appartenevano alle clarisse, o alle “putte” alla cui educazione le monache stesse attendevano con cura. Tra questi oggetti comparivano le diciannove maioliche in esame, di alto livello qualitativo, databili tra la metà del Quattrocento e la metà del Cinquecento.
Gli ateliersdi provenienza sono vari, localizzati nei rinomati centri produttivi di Faenza (Ravenna), Deruta (Perugia), Venezia, Padova e Manises (in Spagna).
L’intervento di restauro ha permesso la ricomposizione delle suppellettili, pervenute in frammenti. La previa operazione di pulitura dei frammenti è stata eseguita con l’utilizzo di bisturi e fibra di vetro e, nei casi di incrostazioni persistenti, con impacchi di sostanze complessanti e tensioattivi; infine, sono stati effettuati lavaggi in acqua demineralizzata. Per l’incollaggio dei pezzi si sono utilizzati polivinilacetato e resina acrilica. Le lacune sono state integrate con gesso alabastrino opportunamente colorato; i decori pittorici sono stati integrati con colori a tempera.
Redazione Restituzioni