Il gruppo di terracotta raffigura un giovane cavaliere nudo che cavalca sostenuto da una sfinge femminile con le braccia levate. Decorava il tetto del tempio dorico scoperto a Locri in localita Casa Marafioti, una zona collinare della città greca sovrastante il teatro e prossima alle mura. Gli scavi qui condotti da Paolo Orsi nel 1910 individuarono le fondazioni del tempio dorico (seconda metà del VI secolo a.C.), oltre a pochi elementi superstiti dell’elevato distrutto gia in età romana (?) e poi definitivamente spoliato nei primi decenni dell’Ottocento. Si conservano pero cospicui elementi del cornicione in terracotta policroma (geison e sima) che sono pertinenti a una nuova decorazione architettonica realizzata quando fu sostituito il tetto del tempio (420- 400 a.C.). A questo grande intervento di rinnovamento edilizio – non sappiamo se scaturito da urgenti necessità di manutenzione o da più specifici motivi religiosi – è riferibile anche lo straordinario Cavaliere Marafioti.
Il gruppo statuario, collocato sul lato posteriore del tempio, ne dominava la sommità forse come acroterio centrale: questa almeno e la ricostruzione suggerita da Orsi in base ai dati di scavo. Tuttavia se nel giovane cavaliere va riconosciuto un Dioscuro, non può escludersi che costituisse un acroterio laterale al fianco di un secondo Dioscuro, dal momento che Castore e Polluce, i due fratelli gemelli figli di Zeus e di Leda, erano raffigurati sempre in coppia. Benchè ricomposto da moltissimi frammenti e integrato nelle parti lacunose, il Cavaliere Marafioti resta un unicum nella produzione artistica della Magna Grecia, alla cui eccezionalità contribuiscono le notevoli dimensioni e il soggetto privo quasi di confronti, specialmente per la sfinge alata, possente e accosciata, che con la testa e il palmo delle mani sostiene, senza alcuno sforzo, il peso del cavaliere.
Il ‘restauro Orsi’ (Siracusa, 1911-1925 circa) ricostruì il Cavaliere Marafioti partendo da oltre 180 frammenti, tra grandi e piccoli, incollati e assemblati con la colofonia, un collante particolarmente adoperato all’epoca. La ricomposizione richiese l’impiego di staffe e di supporti interni (legno, stucco) e perfino di grappe metalliche (rame-ottone) indispensabili per restituire solidita al grande gruppo fittile. Tutte le parti lacunose furono reintegrate dal restauratore Giuseppe Damico; la testa del cavaliere e quasi completamente di ricostruzione.
Rossella Agostino, Maurizio Paoletti