Le due tavole, parte di un ciclo di sei dipinti sulla Passione, costituiscono una fondamentale testimonianza per il recupero critico dell’autore, Bernardino Ferrari, forse il più importante artista del Rinascimento vigevanese.
La prima rappresenta la Flagellazione, con un Cristo alla colonna al centro di un’architettura simmetricamente divisa a metà. Il corpo, coperto dal solo perizoma, è segnato dai colpi di frusta platealmente inferti dai due sgherri in primo piano. Sulla soglia, appena dietro a Cristo, si affacciano incuriositi i sacerdoti, irremovibili nel giudizio di condanna.
L’altra tavola presenta la Crocifissione, sullo sfondo di una Gerusalemme immersa nelle colline, con la folla degli aguzzini che si perde in lontananza. Cristo, protagonista del dipinto, si staglia sulla propria croce contro un cielo terso, che comincia ad oscurarsi secondo l’adempimento delle Scritture. A far da cornice stanno, di profilo, le croci con i due ladroni, sotto cui trova spazio, a sinistra, un’immagine di puro dolore: lo svenimento di Maria, tenuta su dalle altre donne, mentre Maddalena dalla splendida chioma sciolta, si inginocchia ai piedi della croce, cercando lo sguardo di Gesù. Sulla destra, in piedi e vestito di rosso, Giovanni chiude il proprio dolore nella stretta delle mani, volgendo anch’egli un ultimo disperato sguardo al Salvatore.
Le tavole, realizzate per l’altare della Pietà del duomo di Vigevano, sono documentate fin dal 1582 in una descrizione di Cesare Nebulonio. Controversa rimane, tuttavia, la questione cronologica poiché la critica non accetta il 1524 (anno della presunta morte di Ferrari) come termine ultimo per questa serie, riconducibile comunque alla produzione matura dell’artista.
Le Storie della Passione, testimoniando una nuova tendenza narrativa e drammatica rispetto alle opere precedenti, svelano le componenti stilistiche del periodo maturo di Ferrari, dalle suggestioni centro-italiane (legate forse a un viaggio a Roma nei primi anni Dieci) al confronto continuo con la pittura lombarda di Bramantino, Bernardo Zenale, Andrea Solario, Bernardino Luini e altri della medesima temperie culturale.
Il restauro ha provveduto ad attenuare gli imbarcamenti del supporto, danneggiato anche dall’attacco di insetti xilofagi, e a restituire funzionalità alla struttura di sostegno totalmente compromessa, che è stata quindi smontata e consolidata con resine acriliche.
Effettuata la rimozione di uno spesso strato di vernice ossidata, si è proceduto con il risarcimento delle perdite di materia originale (decisamente più gravi nella Crocifissione), delle abrasioni e dell’assenza di alcune velature finali, probabilmente dovuta a puliture incaute. I difetti di adesione degli strati preparatori erano di tale gravità che si è proceduto con estrema cautela, fissando prima i distacchi meno gravi, consolidando la materia con l’infiltrazione di resina acrilica e proseguendo infine con quelli più gravi, dove la resina è stata infiltrata solo dopo le operazioni di risanamento.
Il restauro ha rappresentato un momento fondamentale per l’approfondimento di queste opere e per la riscoperta di un accreditato artista della stagione rinascimentale.
Redazione Restituzioni