Ci sono luoghi che regalano sorprese. Luoghi che nel tempo restituiscono la loro storia mentre altra storia si fa sopra e attorno ad essi. L’occasione, nel nostro caso, è dovuta agli scavi nei pressi della cattedrale di Vicenza. Nel corso dell’intervento di restauro a seguito degli eventi bellici del 1944-45 sono infatti emersi numerosi elementi di decorazione scultorea, pertinenti ad edifici di culto preesistenti all’odierna cattedrale: segni di un’epoca che chiedeva e chiede di allacciarsi al presente.
L’elemento di capitello qui preso in esame fa parte dei reperti ritrovati in quella circostanza: caratterizzato da uno sviluppo rettangolare accentuatamente allungato, presenta una decorazione zoomorfa che si sviluppa su tre lati. Sulla parte frontale, al di sopra di un listello che funge da base, e di una corona di foglie d’acanto, si dispone il profilo di due figure di animali, presumibilmente leoni. Gli animali sono contrapposti per le terga e divisi da una foglia d’acanto, che si sviluppa raccordandosi alla corona inferiore. Lo stesso schema si ripete nelle facce laterali, dove però compare un unico animale unito per il muso al corrispondente frontale. Un listello superiore, non ben leggibile, conclude il capitello, che è privo dell’abaco (ossia dell’elemento che chiude il capitello e funge da raccordo con l’architrave). Il lato posteriore è grossolanamente sbozzato a scalpello, mentre la parte inferiore destra presenta due incavi, di cui uno più profondo per l’alloggiamento di una grappa (elemento di rinforzo e sostegno). Le tracce di policromia scoperte nel corso del recente restauro ci dicono che il capitello era vivacemente colorato: sullo sfondo verde del fogliame spiccava l’ocra rossa degli animali.
L’elemento fa parte di un gruppo di reperti collocabili tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo, omogeneo sul piano stilistico e appartenente ad un unico programma decorativo. Gli scavi hanno permesso infatti di ricostruire il prospetto di una grande chiesa a cinque navate, triabsidata, con pilastri a pianta cruciforme a suddividere la navata centrale e a T a dividere le laterali. Di quella che doveva essere la prima grande cattedrale vicentina, ricostruita proprio a cavallo del 1200, sopravvivono oggi solo alcuni lacerti strutturali e qualche elemento decorativo, a testimonianza comunque del fervore costruttivo che ha animato il primo romanico padano.
Il manufatto ci è giunto in mediocre stato di conservazione, con una lacuna all’angolo inferiore destro, varie scheggiature e diffuse abrasioni della superficie. Dopo una prima pulitura si è proceduto all’analisi dei materiali che ha permesso non solo di stabilire il luogo di provenienza della roccia (pietra di Vicenza, cavata nella zona di Sossano), ma anche di individuare l’ocra rossa degli animali, stesa direttamente sull’intonaco. Mediante lavaggi con acqua demineralizzata nebulizzata e con microtamponi sono stati completamente rimossi i depositi superficiali; con l’ausilio del bisturi, e di impacchi ammorbidenti di polpa di carta in soluzione apposita, sono state asportate le incrostazioni stratificate. Un trattamento finale di consolidamento con emulsione di resina acrilica ha garantito aderenza e compattezza a quanto si è conservato della finitura superficiale dell’opera.
Redazione Restituzioni